Studio della Cgia che evidenzia il boom di prestiti mentre il settore privato langue
Se le imprese private sono sempre più a corto di liquidità, l’amministrazione centrale, gli enti previdenziali, le regioni ed gli enti locali, invece, continuano a ricevere il credito con grande generosità. Secondo i dati presentati dalla Banca d’Italia, nell’ultimo anno (novembre 2012 su novembre 2011) la variazione di crescita è stata pari al 3,7%. In termini assoluti gli impieghi erogati dalle banche al comparto pubblico sono aumentati di 9,6 miliardi, mentre tra le società non finanziarie e le famiglie produttrici (vale a dire le imprese) la contrazione è stata del 4,4%, pari a 44,4 miliardi di euro in meno.
L’amarezza del segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, è molto forte: “mentre le imprese private italiane avanzano dalla nostra pubblica amministrazione tra gli 80 e i 90 miliardi di euro, le banche cosa fanno? Privilegiano l’amministrazione centrale e le sue articolazioni locali, tralasciando le necessità e le esigenze delle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione. E’ utile ricordare che anche nel nostro Paese i posti di lavoro li creano le aziende private. Se non le aiutiamo, difficilmente potremo evitare un ulteriore aumento del tasso di disoccupazione che per l’anno in corso è previsto all’11,8% e per l’anno venturo è stimato al 12,4%”.
La delusione della Cgia assume un tono ancor più preoccupante quando Bortolussi afferma come “in Italia tutti hanno ricevuto più soldi. Le banche hanno aumentato la raccolta ed hanno ottenuto copiosi finanziamenti dalla Bce a tassi molto vantaggiosi. Lo Stato non paga i suoi fornitori, riceve sempre più soldi dalle banche e, attraverso l’aumento della pressione fiscale, nei primi 11 mesi del 2012 ha incassato quasi 14 miliardi di euro in più rispetto al 2011. Purtroppo, gli unici ad essere costretti a tirare la cinghia sono gli imprenditori. Ma che futuro può avere il nostro Paese con questi presupposti?” Già, bella domanda di cui la risposta, se le cose non cambiano al più presto, è destinata ad incrementare sempre di più la chiusura di imprese e l’ingrossamento delle file della disoccupazione.