Costi energetici maggiorati di 10 miliardi per la manifattura italiana

Confindustria lancia l’allarme per gli aumenti delle bollette per il 2025. Regina: «prospettive non serene, peseranno su famiglie e imprese».

Costi energetici prezzo dell'energia

I costi energetici per la manifattura italiana sono maggiorati di almeno 10 miliardi di euro rispetto alla concorrenza europea, valore che sale ancora di più in confronto con gli Usa o la Cina.

«Le prospettive per il 2025 non sono serene» sottolinea il delegato del presidente di Confindustria per l’energia, Aurelio Regina, rilanciando l’allarme delle imprese per i costi energetici in audizione alla Camera. Mentre salgono i prezzi in Europa «per l’Italia questo è un doppio problema perché il prezzo dell’energia elettrica è formato sul prezzo del gas e, nei mesi alla fine del 2024 e nelle primissime settimane del 2025, stiamo riscontrando dei livelli record: a fronte di una media che era di 108 euro/MWh nel 2024, ora siamo oltre i 150 euro, con un aumento di oltre il 50% rispetto alla media dell’anno scorso».

Sono, avverte Regina, «prezzi che peseranno sulle famiglie e sul sistema competitivo italiano in misura pesante. Stimiamo che questo potrà avere un impatto di oltre 10 miliardi sulla spesa delle famiglie e dell’industria italiana» e «il meccanismo dei prezzi sta penalizzando pesantemente l’Europa» che può «vanificare le misure messe in campo dal Governo per sostenere il potere di acquisto».

«Quello che ho l’occasione di lanciare oggi è davvero un grido d’allarme, di grande preoccupazione – sottolinea Regina -. Ormai da anni Confindustria ripete quanto sia necessaria una strategia energetica che permetta alla manifattura italiana di poter competere con il resto d’Europa e del Mondo. Il picco della crisi del 2022 ci ha mostrato chiaramente i nostri punti di debolezza e solo grazie alla sinergia tra le imprese e le istituzioni siamo riusciti ad evitare una desertificazione industriale. Non dobbiamo però farci ingannare, perché problemi strutturali non possono essere risolti con misure contingenti ed emergenziali».

Per Regina per calmierare i costi energetici «non si può prescindere da azioni concrete per ottenere una riduzione del costo dell’elettricità e del gas per le imprese già nel breve termine. L’alternativa, per citare John Maynard Keynes, è accettare che “del lungo periodo siamo tutti morti”».

La proposta, che per Confindustria può portare risparmi per 5 miliardi di euro, è concentrata su possibili modifiche all’articolo 8 del provvedimento al centro dell’audizione in Commissione, il disegno di legge di conversione in legge del decreto “recante misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”.

Secondo Confindustria «la principale motivazione del divergente prezzo dell’elettricità sul mercato all’ingrosso fra l’Italia e gli altri Paesi è la differente struttura del mix di generazione, in Italia storicamente legato al gas naturale, su cui grava anche il costo della CO2 del sistema Ets trasferito sul prezzo pagato da tutti i consumatori. Lo scenario presente non mostra chiari segnali di miglioramento perché ad inizio 2025 si sono aggiunti ulteriori elementi di incertezza: la conferma dello stop dei flussi gas via tubo dalla Russia all’Europa attraverso l’Ucraina per la fine dell’accordo di transito; la rapida discesa del livello di riempimento degli stoccaggi gas, che a livello Ue è ora al 69%, livello inferiore alla media degli ultimi 5 anni; l’attesa per le politiche energetiche della nuova amministrazione statunitense».

Per arrivare ad un costo dell’energia elettrica per tutte le imprese 65 euro/MWh, Confindustria propone l’avvio del disaccoppiamento del prezzo delle fonti rinnovabili da quello delle fonti fossili e propone di dare un ruolo attivo al Gse perché come «acquirente centralizzato di energia rinnovabile possa stipulare direttamente contratti di lungo termine, in modo da aumentare la liquidità del mercato e ricontrattualizzare energia a beneficio di tutte le imprese consumatrici».

In particolare, ha spiegato l’associazione degli industriali, «il provvedimento prevede una garanzia di ultima istanza per il rischio controparte nei contratti di lungo termine fra produttori di energia rinnovabile e imprese consumatrici (Ppa – Power Purchase Agreement) affidando al Gse il ruolo di garante di ultima istanza per i Ppa che verranno sviluppati tra produttori) negoziati sulla Piattaforma del Gestore del Mercato Elettrico (Gme)».

 

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