Conti pubblici: entrate in forte crescita e riduzione del debito pubblico

Secondo Bankitalia nei primi 11 mesi 2022 gettito in crescita del 10,8% a 446,5 miliardi. Debito a quota 2.765 miliardi (-5,9 miliardi).

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I conti pubblici della Repubblica italiana sorridono a novembre 2022 per l’andamento delle entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato che, secondo l’indagine “Finanza pubblica: fabbisogno e debito” di Bankitalia, sono state pari a 46,1 miliardi, in aumento del 5% (2,2 miliardi) rispetto allo stesso mese del 2021, mentre nei primi undici mesi 2022 le entrate tributarie sono state pari a 446,5 miliardi, in aumento del 10,8% (43,4 miliardi) rispetto al corrispondente periodo del 2021.

Sempre in tema di conti pubblici, a novembre 2022, il debito delle amministrazioni pubbliche è diminuito di 5,9 miliardi rispetto al valore del mese precedente, risultando pari a 2.764,9 miliardi. La riduzione – spiega Bankitalia – riflette il calo delle disponibilità liquide del Tesoro, (-8,5 miliardi a 54,1 miliardi), parzialmente compensata dall’effetto accrescitivo di scarti e premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione dei tassi di cambio (complessivamente 2,5 miliardi), e dal fabbisogno (0,1 miliardi).

Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, – spiega Banca d’Italia – il debito delle amministrazioni centrali è diminuito di quasi 6,1 miliardi, quello delle amministrazioni locali è aumentato di 0,1 miliardi. Il debito degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato. Alla fine dello scorso novembre la quota del debito detenuta dalla Banca d’Italia è stata pari al 26,1%(sostanzialmente invariata rispetto al mese precedente); la vita media residua del debito è lievemente aumentata, a 7,8 anni (7,7 in ottobre).

Intanto, secondo Moody’s peggiornano le prospettive di solvibilità dei debiti sovrani europei,passando in negativo: «la crisi dell’energia, i crescenti tassi di interesse e il rallentamento della crescita globale porteranno a una lieve recessione. Le misure di sostegno a livello nazionale e di Ue per mitigare gli effetti sulla catena di approvvigionamento globale – proseguono gli analisti di Moody’s– mitigheranno alcuni di questi fattori, ma il 60% dei Paesi dell’Eurozona sarà in recessione nel 2023e il Pil di Germania, Italia e Slovacchia scenderà sotto i livelli pre-pandemia».

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