L’indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) registra a febbraio 2015 un calo dello 0,1% rispetto a gennaio e una crescita dello 0,4% tendenziale.
In termini di media mobile a tre mesi l’indicatore, pur in modesto rallentamento, conferma la tendenza al miglioramento in atto dall’estate dello scorso anno e anche la valutazione di gennaio è stata rivista al rialzo da -0,1% a +0,2% in ragione del buon andamento delle vendite al dettaglio. Tanto nell’ultimo quarto del 2014, quanto nel primo bimestre dell’anno in corso, la spesa reale delle famiglie è superiore al livello registrato nel periodo corrispondente dell’anno prima.
Il dato congiunturale di febbraio, il primo negativo dopo sei mesi, s’inserisce in un contesto in cui non mancano elementi d’incertezza caratteristici delle fasi di transizione tra cicli economici. Per quanto riguarda il clima di fiducia, il sentiment complessivo delle famiglie ha registrato un ulteriore incremento, ritornando sui valori di inizio 2007, sintesi di un rafforzamento delle aspettative positive dei consumatori sia per la componente personale sia per la situazione presente e futura del paese. Anche il sentiment delle imprese ha continuato a migliorare a marzo, tornando sui livelli del 2008, sulla spinta delle aspettative positive manifestate dagli imprenditori di tutti i settori economici, in particolar modo dei servizi di mercato e delle costruzioni.
Il miglioramento della fiducia riflette la tendenza al recupero dei livelli produttivi. Nonostante i segnali di miglioramento del quadro economico di riferimento, il mercato del lavoro ha registrato, a febbraio, un contenuto peggioramento, rappresentando l’unico elemento contraddittorio in un quadro ben impostato. Il combinarsi di queste dinamiche ha determinato un innalzamento del tasso di disoccupazione tornato al 12,7%. Questi dati – secondo Confcommercio – vanno valutati con estrema cautela in quanto riferiti a un periodo prossimo al cambiamento regolatorio del mercato del lavoro. E’ possibile che, nei prossimi mesi, in presenza di una dinamica produttiva più robusta rispetto alla attuale e dal dispiegarsi degli effetti del “Jobs act” anche l’occupazione possa registrare un miglioramento. Il modesto calo registrato dall’ICC a febbraio rispetto a gennaio, riflette il risultato di un’invarianza della domanda per i servizi e di un calo della domanda di beni. Relativamente alle singole macro-funzioni di spesa, gli unici incrementi, rispetto a gennaio, hanno riguardato la domanda di beni e servizi per la mobilità (+0,5%), grazie all’andamento positivo delle vendite di auto, e la domanda di beni e servizi per la casa (+0,1). Una riduzione significativa ha interessato a febbraio sia la spesa per abbigliamento e calzature (-0,8%) che ha perso quanto recuperato a gennaio, mese in cui si sono svolti i saldi, sia la spesa per alimentari, bevande e tabacchi (-0,4%).
La tendenza al ridimensionamento, seppur modesto, ha riguardato anche i beni e servizi per la cura della persona (-0,2%), i beni e i servizi ricreativi (-0,1%), i beni e servizi per le comunicazioni (-0,1%), gli alberghi, pasti e consumi fuori casa (-0,1%). La crescita tendenziale dell’ICC di febbraio (+0,4%), in attenuazione rispetto al mese precedente, riflette l’andamento positivo della domanda per i servizi (+0,6%) e per i beni (+0,3%). A febbraio si sono riscontrati incrementi significativi, rispetto allo stesso mese dello scorso anno, per i beni e servizi per le comunicazioni (+3,4%) e per i beni ed i servizi per la mobilità (+2,4%). Più contenuta è risultata la crescita per alberghi, pasti e consumi fuori casa (+0,9%) mentre è rimasta invariata la spesa per beni e servizi per la cura della persona. Una riduzione dei consumi, su base annua, si è registrata per l’abbigliamento e calzature (-1,0%) mentre più modesto è stato il calo della spesa per quanto riguarda gli alimentari, bevande e tabacchi (-0,4%), i beni e servizi ricreativi (-0,3%) e i beni e servizi per la casa (-0,1%). Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo, per il mese di aprile 2015 si stima una variazione dei prezzi dello 0,1% rispetto a marzo e del -0,2% su base annua. Il dato mensile, che secondo le stime dovrebbe lasciare l’Italia ancora in deflazione, riflette il bilanciarsi degli aumenti stagionali attesi per i trasporti ed i servizi ricettivi e di ristorazione e le diminuzioni di luce e gas all’interno del capitolo relativo all’abitazione.
Uno scenario all’insegna dell’incertezza generale, su cui aleggia il rischio che, dopo le elezioni regionali, il Governo Renzi chieda agli italiani un nuovo sacrificio fiscale, visto che all’orizzonte, tramontata la revisione della spesa pubblica, ci sono i conti lasciati in sospeso dai governi Monti, Letta e non ultimo dello stesso Renzi. Tra clausole di salvaguardia legate all’aumento dell’Iva (due punti sia sull’aliquota del 10% che di quella del 22%), il rifinanziamento dei famigerati 80 euro elettorali-clientelari (10 miliardi di euro di controvalore da reperire) e il “fiscal compact” (altri 35-40 miliardi di euro da reperire entro la fine dell’anno per rispettare gli obblighi europei volti alla riduzione dell’enorme deficit pubblico), ballano circa 60 miliardi di euro da trovare entro la fine del 2015. Soldi che difficilmente si troveranno dal taglio e razionalizzazione della spesa pubblica (che, come certifica l’Istat, continua imperterrita a crescere) o dall’incremento di gettito legato alla crescita del Paese (che continuerà ad essere asfittica): il rimedio lo conosciamo tutti, ovvero una bella tosata fiscale a elezioni regionali vinte dal Tassator Cortese da Rignano.