Pulin: «troppi attacchi ingiustificati. Il settore sanitario privato non considera che quanto speso dalle casse dello Stato si traduce in realtà in un risparmio, innescando un meccanismo virtuoso».
Il settore della sanità privata è sempre più protagonista del comparto, spesso sostituendosi al pubblico laddove non riesce ad erogare servizi economici o di carattere innovativo, ma è sempre più esposto alle critiche, specie in periodi di tagli alla spesa.
Secondo Massimo Pulin, presidente di Confapi Sanità Veneto, che raccoglie le imprese produttrici di dispositivi medicali, centri di riabilitazione e fisioterapia, laboratori di analisi e diagnostica per immagini, aziende ortopediche e sanitarie, poliambulatori e aziende che si occupano di servizi complementari, «periodicamente siamo di fronte a nuovi attacchi alla sanità privata, in particolare focalizzate sulla spesa delle regioni destinata a queste strutture. Sono prese di posizione contro i privati che hanno acquisito nuovo vigore dopo la crisi economica. Si dimentica però che, negli ultimi vent’anni, la crescita del privato è stata spesso guidata da necessità contingenti, come l’esigenza di ribilanciare o addirittura costruire l’offerta pubblica in alcune aree di domanda emergente, come la riabilitazione, alcune branche ambulatoriali e l’assistenza sociosanitaria».
Secondo Pulin «ad oggi, e cito dati del ministero della Salute, il 25% dei posti letto ospedalieri, il 59% degli ambulatori e il 78% delle strutture sociosanitarie residenziali in Italia sono di strutture private accreditate. In Italia il 25% delle prestazioni ospedaliere è coperto dal settore privato, che pesa in media soltanto sul 15% della spesa sanitaria. Non sono dati inventati da me, ma della Corte dei Conti, e attestano la presenza di una sorta di “effetto volano” per i soldi investiti nel settore privato. Il tutto senza considerare che i centri e le reti di eccellenza contribuiscono a mantenere l’intero Sistema Sanitario Nazionale in linea con i migliori sistemi di welfare europeo».
Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, su questa base ha provato a stimare quanto il settore privato consenta un risparmio alle Casse dello Stato, prendendo in esame la situazione del Veneto e partendo appunto dal presupposto che, per ogni 15 euro spesi nel settore privato, la “produttività” in termini di prestazioni ospedaliere, come appena detto, sia di 25. In regione, sempre in base ai dati del ministero della Salute, il totale speso del Sistema sanitario nazionale per l’assistenza privata accreditata, a livello pro capite, è di 314 euro (su un totale pubblico/privato di 1.882 euro di spesa pro capite, con un’incidenza del 16,7%). Tradotto in termini assoluti, considerando i 4.925.000 abitanti del Veneto, equivale a una spesa annuale di 1.546 milioni di euro in regione. Tenendo la stessa proporzione, la produttività è di 2.577 milioni. Con una differenza – che si può tradurre in termini di risparmio per le casse pubbliche – di un miliardo di euro l’anno, sui circa 9 della spesa sanitaria pubblica complessiva della Regione Veneto.
Il tutto senza, ovviamente, considerare, secondo Fabbrica Padova, altri fattori “a favore” del sistema privato come i tempi di attesa degli utenti – che nel Sistema sanitario nazionale tra il 2014 e il 2017 sono saliti in media di 20/26 giorni a prestazione – e costi. Quanto a quest’ultima voce, il privato è spesso più competitivo non solo se rapportato all’intramoenia, ma anche nei riguardi del doppio ticket pubblico (fino a 36,15 euro per quello di base più i 10 euro a ricetta, in Veneto sono 5 euro per i redditi fino a 29.000 euro).
