«Le piccole e medie imprese rappresentano la forza più sana e costruttrice della nazione, oggi come nel 1947anno in cui Confapi venne costituita. Da 75 anni –ha detto il presidente di Confapi, Cristian Camisa, aprendo i lavori all’Auditorium della Conciliazione dove Confapi ha celebrato i suoi 75 anni – gli imprenditori portano avanti con coraggio le loro aziende, sono in grado di conoscere prima della politica gli orientamenti, le difficoltà, i punti di caduta e di crisi del sistema produttivo. Ed è per questo ruolo di “vigili antenne” che chiediamo anche all’attuale governo di ascoltarci come lo chiedevano gli imprenditori nel 1947».
Numerosi i punti toccati dal presidente Confapi nel suo discorso, a partire dall‘orario di lavoro. «Lavorare quaranta ore in quattro giorni invece che cinque – ha detto Camisa – cambia poco. Altro discorso è se l’orario comporta un aggravio di costi per l’impresa: ora non ce lo possiamo permettere. In merito al salario minimo, poi, riteniamo che la contrattazione collettiva rappresenti uno strumento formidabile, da migliorare ma certo da preservare. Tutti i contratti dell’industria che Confapi sigla con Cgil, Cisl e Uil sono oltre la soglia minima ipotizzata».
Camisa ha affrontato anche il tema della riforma fiscale: «dobbiamo diminuire la forbice di tassazione tra la piccola e la grande impresa: grazie a “patent box” o altre normative, il tax rate per le grandi industrie spesso non va oltre il 25%, mentre le Pmi devono sopportare un 60% e oltre di pressione fiscale».
Tra i punti trattati dal presidente di Confapi anche l’export e la questione automotive. «La piccola e media industria – ha detto Camisa – contribuisce per il 48% all’export complessivo del “Made in Italy”, che va difeso e tutelato. Chi guarda e opera in mercati esteri ha bisogno di nuove misure a supporto, prime fra tutte linee di finanziamento mirate all’acquisto oppure all’anticipo sull’approvvigionamento delle materie prime come sostegno concreto alle esigenze di liquidità».
Per quanto riguarda l’automotive, infine, il presidente ha ribadito la posizione più volte espressa da Confapi. «Sosteniamo il Governo – ha detto Camisa – nella sua presa di posizione contro l’accordo in Europa per utilizzare gli “e-fuel” nella transizione e bocciare i biocarburanti sui quali molte delle nostre imprese hanno già puntato e che, oltretutto, sarebbero sicuramente più economici».
All’evento “75 anni di grandi imprese” sono stati presentati i dati di un sondaggio Youtrend sulla percezionedelle piccole e medie imprese tra la popolazione italiana. Spicca la fiducia degli italiani nelle Pmi: per il 45% degli intervistati sono essenziali per l’economia italiana e la creazione di lavoro e per il 37% sono importanti pur mostrando potenzialità di miglioramento, per un totale dell’82%. Il 30% degli italiani dichiara inoltre che, potendo scegliere, preferirebbe lavorare in una piccola o media azienda: si tratta di un dato superiore a quello della pubblica amministrazione (23%), del lavoro autonomo (19%), della grande impresa (16%) e del terzo settore/non profit (4%). Per la maggioranza degli italiani, inoltre, rispetto alle grandi imprese nelle Pmi si lavora meglio, c’è maggiore contatto col territorio e i rapporti di lavoro sono più umani.
Sul superbonus «il governo sta lavorando alacremente. La soluzione verso cui si sta andando, quella della piattaforma per smaltire i crediti incagliati gestita dalla società pubblica Enel X insieme alla possibilità di smaltirele detrazioni fiscali in dieci anni invece che in quattro, è fra quelle che avevamo richiesto» ha detto Camisainvitando a «fare presto perché i nostri imprenditori sono disperati. Su 19 miliardi di crediti, tre si riferiscono ad imprese Confapi».
Camisa si è soffermato anche sul “payback sanitario” voluto dal governo BisConte e dal ministro Roberto Speranza affrontato dal consiglio dei ministri di ieri: «ci aspettiamo soluzioni. Se non si interviene tempestivamente il rischio è di far cadere sulle imprese fornitrici le eccedenze non programmabili della sanità regionale. In un momento così difficile mettiamo in ginocchio le piccole e medie industrie del settore che dovrebbero restituire alle Regioni 2,5 miliardi di euro».
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