Studio di Contribuenti.it alla vigilia della scadenza del pagamento di una delle tasse più odiate ed evase (specie al Sud: picchi del 90%)
Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani ricorda che l’abbonamento annuale alla televisione pubblica è una tassa e come tale deve essere pagata da tutti coloro che possiedono apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive. La tassa per il 2013 è di 113,50 euro, 1,50 euro in più rispetto al 2012. In caso di omesso pagamento è prevista una sanzione fino a 619 euro da parte delle Agenzia delle Entrate e la riscossione coattiva da parte di Equitalia.
Da un’analisi condotta dal Centro Studi e Ricerche Sociologiche “Antonella Di Benedetto” di Krls Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it Magazine dell’Associazione Contribuenti Italiani, il canone Rai è la tassa più evasa dagli italiani con punte che raggiungono l’90% in alcune regioni del Sud d’Italia. Un dato in forte ascesa che, solo nel 2005, si attestava al 22% e nel corso degli anni è salito vertiginosamente fino a diventare un vero problema per le casse dell’azienda: alla fine del 2012, secondo i dati di Contribuenti.it, l’evasione delle famiglie è del 44%, mentre per le imprese si attesta al 95%.
In termini di imposta evasa, si stima che ogni anno le famiglie italiane “risparmino” qualcosa come 550 milioni di euro, mentre le imprese 1,2 miliardi di euro l’anno. Soldi con i quali la Rai potrebbe rimettere in sesto i propri conti.
“Il problema vero – afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani – è che non tutti sanno che in Italia esistono due canoni: quello ordinario, dovuto dalle famiglie, e quello speciale, dovuto da imprese, lavoratori autonomi, enti pubblici, enti pubblici non economici ed enti privati. Se il canone ordinario è dovuto per il possesso di ‘apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni’ – continua Carlomagno – il canone speciale si paga anche per il possesso di computer, monitor e altri apparecchi multimediali (videofonino, videoregistratore, iPod, sistemi di videosorveglianza e via di questo passo) posseduti dalle imprese o enti pubblici o privati”. Una posizione, quella di Carlomagno, eccessivamente drastica, che non tiene conto delle risposte date in Parlamento dal ministro Passera alle numerose interpellanze sollevate per i metodi di riscossione del canone speciale da parte della Rai, che è dovuto solo per l’utilizzo di apparecchi radiotelevisivi e null’altro.
Tra i maggiori evasori del canone Rai figurano i residenti nelle province di Caserta, Imperia, Foggia e pure Bolzano, dove l’evasione sfiora il 90% delle famiglie. All’opposto, le province più virtuose sono quelle di Aosta, Siena, Pescara e Campobasso dove l’evasione si attesta al 12%.
Stando all’analisi, la motivazione principale che ha portato a questa situazione riguarda in modo particolare come il canone viene percepito dalle famiglie e dalle imprese più come un abbonamento che come un tributo. A questo si aggiungono naturalmente le numerose contestazioni sulla qualità delle trasmissioni, specie a seguito dal passaggio delle trasmissioni da analogico a digitale, piuttosto che sull’obbligo di pagare per un servizio, a tutti gli effetti, non richiesto e in alcuni casi anche non utilizzato.