Secondo Unimpresa l’impoverimento dei capitali nazionali, spesso di estrazione familiare, ha favorito l’ingresso dei colossi stranieri
Più della metà delle aziende quotate alla Borsa italiana è in mano agli stranieri. Il sistema imprenditoriale nazionale è a trazione familiare, ma in borsa non comandano gli italiani. Oltre il 41% delle quote delle società per azioni attive in Italia è posseduto da famiglie, mentre sui listini di piazza Affari dominano gli azionisti esteri titolari di oltre il 50% delle spa quotate. In mano alle banche, il 12% delle società per azioni, quota che cala al 10% se si limita l’analisi alle sole aziende quotate. Allo Stato, sono riferibili il 5,73% delle imprese e il 4,39% delle quotate.
Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale nel 2016 le società per azioni hanno perso 260 miliardi di euro di valore, mentre le “quotate” hanno bruciato 126 miliardi di capitalizzazione. «E’ uno degli effetti della crisi: l’impoverimento dei nostri capitali ha favorito l’acquisto delle aziende da parte di colossi esteri. L’ingresso degli stranieri nel mercato finanziario italiano non è necessariamente un fattore negativo. Dipende, però, dalle intenzioni: se si tratta di investimenti di lungo periodo va bene, mentre se le operazioni sono dettate dalla speculazione, allora c’è da preoccuparsi» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della Banca d’Italia aggiornati a dicembre 2016, per quanto riguarda l’intero universo delle società per azioni italiane, la fetta maggiore è in mano alle famiglie: 41,32% rispetto al 44,51% del 2015. Nella speciale classifica, seguono gli stranieri col 23,92% (era il 24,13%), le imprese col 14,21% (era il 13,37%), le banche con l’11,95% (era il 10,56%) e lo Stato col 5,73% (era al 4,98%), le assicurazioni e i fondi pensione col 2,13% (era l’1,90%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza. Complessivamente, il valore delle società per azioni è sceso del 12,48%, con una diminuzione di 259,2 miliardi, calando dai 2.077,9 miliardi del 2015 ai 1.818,6 miliardi del 2016. Le famiglie hanno perso valore per 173,2 miliardi (-18,74%), gli stranieri per 66,3 miliardi (-13,23%), le imprese per 19,3 miliardi (-6,95%), le banche per 2,1 miliardi (-0,98%), le assicurazioni e i fondi pensione per 816 milioni (-2,07%). Le quote in mano allo Stato centrale sono invece cresciute di 2,6 miliardi (+2,65%); variazione positiva anche per quelle delle amministrazioni locali, salite di 140 milioni (+1,07%).
Per quanto riguarda le società per azioni presenti a Piazza Affari, il primato spetta agli investitori esteri detentori del 50,19% delle quote, in leggero calo rispetto al 51,74% del 2015. Nella speciale classifica, seguono le imprese col 19,01% (era il 19,22%), le famiglie con l’11,99% (era il 12,52%), le banche col 10,49% (era il 9,94%), lo Stato col 4,39% (era il 2,88%), le assicurazioni e i fondi pensione col 3,23% (era il 3,14%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza. Complessivamente, il valore delle società per azioni quotate è sceso del 23,13%, con una diminuzione di 126,1 miliardi, calando da 546,6 miliardi dl 2015 ai 419,4 miliardi del 2016. Gli azionisti esteri hanno perso 71,8 miliardi (-25,44%), le imprese 25,1 miliardi (-23,95%), le famiglie 18,04 miliardi (-26,04%), le banche 10,2 miliardi (-18,89%), le assicurazioni e i fondi pensione 3,5 miliardi (-20,95%). Le quote in mano allo Stato centrale sono invece cresciute di 2,6 miliardi (+17,14%); variazione positiva anche per quelle delle amministrazioni locali, salite di 140 milioni (+5,78%).