Il fermo dei servizi di autotrasporto, annunciato nei giorni scorsi da Unatrans, le associazioni di categoria del settore tra cui CNA Fita, è stato confermato con l’invio alla Commissione di Garanzia la proclamazione del fermo dal 6 al 9 Agosto 2018.
«Ad oggi – spiega Piero Cavallaro, responsabile della CNA Fita del Trentino Alto Adige – non c’è traccia del comunicato dell’Agenzia delle Entrate che deve ufficializzare gli importi da utilizzare per le deduzioni forfetarie. Così il Governo rischia di dare il colpo di grazia a questo settore che da anni versa in gravi difficoltà. Senza la circolare dell’Agenzia delle Entrate che dovrebbe rendere operative le deduzioni, sono fermi i 68 milioni previsti dal precedente Governo. Un risparmio mancato per ogni impresa tra i 3.000 e i 12.700 euro l’anno. A ciò s’aggiunge la beffa dei ritardi nella presentazione delle denunce dei redditi, che gli autotrasportatori non hanno potuto presentare nei termini previsti del 30 giugno. La scadenza della denuncia dei redditi non può essere rimandata».
Nei dieci anni di congiuntura economica (2008-2017) hanno cessato l’attività 26.946 imprese. Il settore dell’autotrasporto è costretto a sostenere delle spese vertiginose, soprattutto per il costo del lavoro e per l’acquisto del gasolio. In merito ai salari minimi, l’Europa è divisa in tre gruppi: il primo, a cui appartengono i Paesi dell’Est, dove non si raggiungono 500 euro al mese; il secondo, costituito da Paesi dell’Europa meridionale con salari compresi tra 500 e 1.000 euro; il terzo che comprende i Paesi dell’Europa Nord Occidentale dove le retribuzioni minime sono ben al di sopra di 1.000 euro al mese. L’Italia non ha un salario minimo, ma, secondo un’indagine dello studio legale Rota Porta pubblicato nel 2014 sul Sole 24 Ore, si evince che lo stipendio medio sarebbe intorno a 1.340 euro (dato 2014).
«Nel mese di maggio 2018 – prosegue Cavallaro – l’Italia ha raggiunto il poco invidiabile primato del secondo posto nella classifica dei prezzi di gasolio alla pompa più alti d’Europa. Prima è la Svezia. Inoltre, sempre in Italia, nonostante il costo industriale del gasolio sia in linea con gran parte dei Paesi europei, ovvero 11° posto, in ordine crescente di costo industriale del gasolio, tassazione ed accise incidono sul prezzo alla pompa per il 59,19% e le assegnano, anche in questo caso, il secondo posto per maggiori imposte applicate, dietro solo al Regno Unito. Con queste differenze – sottolinea Cavallaro – non c’è partita. Se a questo aggiungiamo l’assenza delle agevolazioni previste per il settore, l’autotrasporto italiano collassa». E con esso gran parte dell’economia italiana legata a doppio filo all’efficienza e competitività dei servizi di autotrasporto.