Aumentano i fallimenti tra le Pmi

Cerved, in sei mesi persi 81.000 posti di lavoro: Tra i settori più colpiti aziende di prodotti da forno e alberghi. La maggiore crescita nel NordEst.

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Non bastasse l’inflazione e i suoi derivati, l’Italia fa i conti con un altro dato pesantemente negativo e preoccupante: nei primi sei mesi 2023 aumentano i fallimenti e liquidazioni volontarie che hanno determinato la perdita di 81.000 posti di lavoro e oltre 1 miliardo di euro di valore aggiunto, oltre a 2,5 miliardi di debiti finanziari e 1,8 di debiti commerciali.

Il dato emerge dallo studio “Le chiusure di impresa nel secondo trimestre 2023 e gli impatti sull’economia reale” realizzato da Cerved.

A livello di macrocomparti, aumentano i fallimenti tra l’industria (+5,2%) e i servizi (+1%). Tra i primi dieci settori per crescita dei fallimenti, ossia settori con almeno 30 procedure nel primo semestre 2023, spicca quello dei prodotti da forno e pasticceria industriale, che ha visto aumentare i fallimenti del +84,6%. Seguono gli alberghi (+50%), ma va male anche la ristorazione (+20,3%). Tutti segmenti, sottolinea l’indagine Cerved, che già nel 2022 avevano registrato livelli elevati di indebitamento e un peggioramento delle abitudini di pagamento.

Per quanto riguarda le liquidazioni volontarie (casi con almeno 20 procedure nel secondo trimestre 2023), se il primo settore in crisi è quello dei metalli e lavorazione dei metalli con un +128,6%, il secondo è quello degli alberghi che registra un +57,9% di casi da aprile a giugno 2023. Va male il settore dei prodotti da forno epasticceria industriale (+39,5%) ma va male anche la distribuzione alimentare moderna che registra un +33,9% di casi.

La crescita maggiore del dato negativo si registra nel NordEst (+12,1%) e al Centro (+11,6%). Lo studio Cervedevidenzia come tra aprile e giugno scorso, aumentano i fallimenti delle imprese italiane, tornati a crescere per la prima volta dopo un anno e mezzo: +1,5% rispetto allo stesso periodo del 2022, 2.070 contro 2.039. Le liquidazioni volontarie, invece, hanno visto un’impennata del 26% (10.446 contro 8.282).

Fallimenti e liquidazioni volontarie (in bonis) sono due fenomeni distinti che riflettono cause diverse: i primi sono la risultante di un processo di deterioramento dei fondamentali finanziari che avviene nel corso del tempo, quasi sempre anticipato da una riduzione del giro d’affari dell’impresa. Le seconde riflettono, invece, in maniera più istantanea il peggioramento delle aspettative imprenditoriali e possono essere interpretate come un indicatore che riflette le aspettative di profitto degli imprenditori, dal momento che la chiusura di attività in bonis è generalmente legata a margini attesi non sufficienti a proseguire l’attività imprenditoriale.

A soffrire maggiormente nei primi sei mesi del 2023 sono state le imprese piccole e medie ma non le piccolissime: le Pmi piccole e medie si rivelano sempre più in difficoltà, come già evidenziato nel 2022, a causa della crisi di liquidità e dell’allungamento dei tempi di pagamento verso i fornitori, che spesso sfocia in ritardi e mancati pagamenti.

A guidare i fallimenti sono soprattutto le ditte individuali (+27,7%): le società di capitali fanno registrare nel complesso un lieve aumento (+0,3%), trainato in particolare dalla fascia di aziende tra i 2 e i 10 milioni di euro di fatturato (+44,8%).

«Nel triennio 2020-22, gli effetti delle crisi e del rallentamento congiunturale non si sono tradotti in un aumento delle uscite dal mercato e delle chiusure di impresa, che hanno registrato sei trimestri consecutivi di riduzione mantenendosi su livelli ampiamente inferiori al pre-covid – spiega Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved -. Tuttavia, i dati del 2023 fanno emergere una chiara inversione di tendenza: l’impennata dell’inflazione e il conseguente forte rialzo dei tassi di interesse, si è manifestata in modo asimmetrico sulle imprese. Intercettare tempestivamente segnali di allarme e gestire situazioni di crisi, avvalendosi di dati, algoritmi predittivi e tecnologia, è sempre più fondamentale».

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