Assemblea di Federalimentare: è l’inizio di un nuovo paradigma alimentare

Vacondio: «nutrire il pianeta e dare stabilità sociale alle nazioni è il compito del futuro. Serve un nuovo modello di diplomazia alimentare». 

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il presidente uscente di Federalimentare, Ivano Vacondio.

Ultima assemblea di Federalimentare guidata dal presidente Ivano Vacondio giunto al termine del suo mandato quadriennale: «credo che questa assemblea sia la più importante non malgrado la situazione che stiamo vivendo, ma proprio a causa di quanto sta accadendo».

L’assemblea di Federalimentare “Dal Covid alla guerra: il diritto al cibo, la coesione sociale. Il ruolo dell’industria alimentare”, che ha visto la partecipazione anche del ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli, del direttore del Centro studi di Confindustria, Alessandro Fontana, e del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, è stata l’occasione per fare il punto sul settore della trasformazione alimentare.

Un comparto che, nel 2021, ha chiuso con un fatturato di 155 miliardi di euro (considerando la sola industria alimentare), di cui 40 di esportazioni (che diventano 50 se consideriamo l’agroalimentare). Su queste cifre dell’export pesa la performance degli USA. Nel 2021 la quota di esportazioni in America di cibo e bevande nazionali ha infatti raggiunto un +14,0% sull’anno precedente, dando un segnale importante anche rispetto a quanto sta accadendo a livello geopolitico: gli Stati Uniti si preparano a diventare il primo mercato di riferimento per quanto riguarda l’export italiano, con crescite consistenti anno su anno.

L’assemblea di Federalimentare 2022 è anche l’ultima per Vacondio che, dopo quattro anni, giunge alla fine del suo mandato. Una presidenza in cui sono state affrontate situazioni complesse, come la pandemia e ora una guerra ai confini dell’Europa: «sfide inaspettate che hanno cambiato per sempre la nostra consapevolezza su questioni che davamo per scontate, una su tutte il cibo, considerato dalle ultime generazioni come qualcosa di sicuro e di certo, con prezzi sempre accessibili».

«La pandemia, prima, e la guerra, ora, ci hanno messo di fronte alla vulnerabilità del nostro sistema alimentare e ci hanno fatto notare il rapporto stretto, strettissimo, tra la pace e il cibo, sottolineando la funzione di stabilizzatore sociale di quest’ultimo – sottolinea Vacondio -. Non mi riferisco solo a quanto sta accadendo nei territori in guerra, ma al fatto che, proprio a causa della guerra, sia iniziato un forte ridisegno delle catene di approvvigionamento con conseguenze che solo in parte possiamo prevedere. Questo perché il problema non riguarda solo i paesi coinvolti nel conflitto, ma tutto il pianeta».

Per Vacondio «l’aumento dei prezzi delle materie prime, quello dell’energia, ma anche l’aumento dei costi dei trasporti, dei container e dei noli si ripercuotono sulla filiera cibo e bevande, mostrandoci molteplici fragilità». Parole avvalorate anche dai numeri, con un’inflazione che in Italia ad aprile si è attestata al 6,2%, dopo il 6,7% di marzo, con una lieve diminuzione quindi, ma con un livello che non si registrava dal settembre 1991.

«Oltre a risolvere i problemi che da questo cambio di paradigma si sono venuti a creare, allora – dice Vacondio – sarà importanteiniziare a pensare a un nuovo modello di diplomazia alimentare da perseguire con un duplice obiettivo: nutrire il pianeta e dare stabilità sociale alle nazioni. Un obiettivo ambizioso che solo l’Europa unita può risolvere».

«Dal nostro punto di vista, mi sento di poter dire che l’industria alimentare ha avuto un ruolo esemplare nonostante le grandi crisi che sono arrivate all’improvviso e le cui conseguenze sono ricadute in primis sul cibo e bevande» continua Vacondio. Nel periodo pandemico, il settore ha fatto il possibile per garantire il cibo di qualità sulle tavole degli italiani, non prestando il fianco a inutili allarmismi ma anzi lavorando sodo per tranquillizzare tutti i consumatori, già preoccupati per la situazione sanitaria. «La possibilità che venisse a mancare il cibo durante il Covid – ricorda Vacondio – è uno spettro che abbiamo subito allontanato con il duro lavoro». Con l’aumento prima delle materie prime e poi dell’energia, inoltre, l’industria alimentare ha fatto fronte per molti mesi a quasi tutti i costi, con rincari del 50% per il grano duro, dell’80% per quello tenero, di oltre il 90% per il mais, senza considerare gli aumenti esponenziali dell’energia che le imprese hanno subito.

Una condizione per nulla semplice che si sta ripercuotendo tuttora sui prezzi alla produzione dell’industria alimentare che hanno segnato a febbraio un tendenziale del +9,0%, dopo aver chiuso nel dicembre 2021 sul +6,6%. D’altra parte, la crescita tendenziale dei prezzi alimentari al consumo è salita ad aprile al +6,3%, dopo il +5,5% di marzo. Nel complesso, tra alimentari lavorati e non, l’Istat segnala che la crescita del cosiddettocarrello della spesa” si porta al +6,0%. È un aumento preoccupante e i prezzi alla produzione dell’industria alibmentare degli ultimi mesi ci dicono che la pressione a monte dei costi di produzione alimentare è lontana dall’essersi scaricata ragionevolmente sul cosiddetto “costo della vita”.

«Queste sono state senz’altro le battaglie più difficili che abbiamo dovuto affrontare negli ultimi quattro anni, ma non le uniche. Ne ricordo qui solo un’altra: quella contro il “Nutriscore”, il sistema di etichettatura francese che, quando ho iniziato il mio mandato, sembrava destinato a diventare il prescelto dalla maggioranza dei paesi europei e che invece oggi è indebolito dal lavoro che la nostra federazione, insieme a tutta la filiera e alle istituzioni italiane, ha portato avanti, presentando un sistema alternativo, il “NutrInform battery”, scongiurando il rischio di compromessi al ribasso».

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