L’Istat ha diffuso i risultati definitivi dei conti economici territoriali per il 2016, quelli semi-definitivi per il 2017 e quelli preliminari per il 2018 da cui emerge un NordEst tonico e in forze (con il Trentino Alto Adige spesso in vetta alla classifica del Pil) e un divario Nord-Sud del Paese che non accenna a ridursi.
Pil più dinamico nel NordEst, consumi meglio al Centro
Nel 2018, il Pil in volume a livello nazionale è aumentato dello 0,8% rispetto all’anno precedente. La ripartizione più dinamica è il NordEst dove il Pil è cresciuto dell’1,4%, trainato dalla performance dell’Industria (+3,2% rispetto al 2017) e dai risultati positivi delle Costruzioni (+2,3%) e dell’Agricoltura (+3,1%).
Nel NordOvest e nel Centro il Pil è cresciuto dello 0,7%, meno della media nazionale. Nella prima ripartizione la crescita è stata rallentata dalla dinamica negativa delle Costruzioni e da più moderate dinamiche dell’Agricoltura e dell’Industria mentre al Centro è il settore dei Servizi a segnare il passo. La crescita più lenta si registra nel Mezzogiorno, dove il Pil è aumentato solo dello 0,3% rispetto al 2017.
Alla crescita dell’attività produttiva si è accompagnato, nel 2018, un aumento in volume dei consumi finali delle famiglie di poco superiore (+0,9%). La spesa delle famiglie ha mostrato la dinamica più elevata al Centro (+1,2%), tutte le altre ripartizioni si posizionano in prossimità della media nazionale.
Nel 2018 il reddito disponibile delle famiglie, cresciuto dell’1,9% a livello nazionale, mostra una dinamica di poco inferiore nel Centro e nel Mezzogiorno (+1,8%) e superiore nel NordOvest e nel NordEst (rispettivamente, +2% e +2,1%).
Nella provincia autonoma di Bolzano il Pil per abitante più elevato
Con 36.200 euro nel 2018 (35.700 nel 2017) il NordOvest resta l’area geografica con il Pil per abitante più elevato (misurato in termini nominali). Seguono il NordEst, con 35.100 euro (34.300 euro nel 2017) e il Centro, con 31.600 euro (31.100 euro nel 2017). Il Mezzogiorno, con 19.000 euro (poco più della metà di quello del NordOvest), supera lievemente il livello del 2017 (18.700 euro).
La graduatoria regionale vede in testa la Provincia autonoma di Bolzano, con un Pil per abitante di 47.000 euro, seguita da Valle d’Aosta (38.900 euro) e Lombardia (38.800 euro). Con 33.600 euro, Il Lazio risulta la prima regione del Centro in termini di Pil per abitante. Nel Mezzogiorno la prima regione è l’Abruzzo con 25.600 euro, mentre l’ultimo posto della graduatoria è occupato dalla Calabria, con 17.000 euro, lievemente sopra i 16.900 euro del 2017.
Nel 2018 in Italia la spesa per consumi finali delle famiglie per abitante, valutata a prezzi correnti, è stata di 17.800 euro. I valori più elevati di spesa pro capite si registrano nel NordOvest (20.600 euro) e nel NordEst (20.400 euro); il Mezzogiorno si conferma, invece, l’area in cui il livello di spesa è più basso (13.700 euro).
A un maggior dettaglio territoriale il più alto livello di consumi finali pro capite si registra in Valle d’Aosta e nella Provincia di Bolzano (rispettivamente 25.500 e 24.300 euro).
A Bolzano il reddito pro-capite più alto, in Calabria il più basso
Nel 2018 le famiglie residenti nel NordOvest dispongono del livello di reddito per abitante più elevato (22.300 euro), seguite da quelle residenti nel NordEst (21.900 euro). Nel Centro il livello è pari a 19.900 euro, nel Mezzogiorno a 14.000 euro, con un differenziale negativo del 26% rispetto alla media nazionale.
In testa alla graduatoria del reddito disponibile per abitante si conferma la provincia di Bolzano, con 26.000 euro correnti (25.300 euro nel 2017), seguita da Emilia Romagna e Lombardia (22.900 euro). La Calabria chiude la graduatoria con 12.700 euro, preceduta da Campania e Sicilia (rispettivamente 13.500 euro e 13.600 euro).
Nel 2018, il reddito disponibile a prezzi correnti ha segnato per il complesso dell’economia nazionale un incrementodell’1,9% rispetto al 2017. Più intensa della media nazionale è risultata la crescita nel NordEst (+2,1%), dove la provinciadi Bolzano registra la variazione più elevata di tutto il territorio nazionale (+3,7%), seguita a stretto giro dalla provincia di Trento (+3,2%).
Nel NordOvest l’incremento è stato del 2%, con il risultato più favorevole nella Valle d’Aosta (+2,9%), seguita dalla Liguria (+2,7%); solo in Piemonte il reddito disponibile ha segnato una crescita inferiore alla media nazionale (+1,4%). Nel Centro le famiglie residenti hanno sperimentato un aumento del loro reddito disponibile pari all’1,8%; la crescita più marcata si registra in Toscana (+2,3%) e nelle Marche (+2,2%) mentre è sensibilmente più bassa nel Lazio (+1,4%) e, soprattutto, in Umbria (+1%) che, tra tutte le regioni italiane, è risultata quella con il più basso tasso di crescita.
Anche nel Mezzogiorno il reddito disponibile delle famiglie è aumentato dell’1,8%, con un massimo del +2,9% in Molise e del +2,4% in Abruzzo e un minimo del +1,3% in Calabria e del +1,1% in Campania.
Nel 2017, la regione che aveva registrato la crescita annua più sostenuta era la provincia di Bolzano (+3,2%), seguitadall’Emilia Romagna (+3%). L’incremento più contenuto era stato registrato in Basilicata (+0,4%), preceduto da quello osservato in Calabria (+0,7%).
Milano, Bolzano e Bologna le province con valore aggiunto pro capite più alto
Nel 2017 Milano è la provincia con il più elevato valore aggiunto per abitante, pari a 48.700 euro, quasi il doppio della media nazionale (25.700 euro). Seguono la provincia di Bolzano con 41.000 euro e Bologna con 36.300 euro. Con 12.900 euro il Sud Sardegna ha il valore aggiunto per abitante più basso; in posizione solo leggermente migliore si trovano Agrigento e Caltanissetta, con circa 13.500 euro.
Dal punto di vista dell’importanza dei segmenti produttivi, il contributo maggiore in termini assoluti è fornito quasi ovunquedai Servizi alle imprese, finanziari e immobiliari (che a livello nazionale pesano per il 28,3%), con circa 18.000 euro per abitante a Milano e circa 11.000 a Roma; il valore aggiunto per abitante del settore è invece il più basso a Vibo Valentia e nel Sud Sardegna (3.200 euro).
Anche l’apporto dei Servizi del commercio, di ristorazione e dei trasporti e telecomunicazioni è il più elevato nellaprovincia di Milano (15.600 euro per abitante); seguono Bolzano con 11.600 euro e Roma e Genova con circa 10.000 euro. Il valore più basso si registra a Enna con 2.700 euro.
I Servizi pubblici e gli altri Servizi privati alle famiglie forniscono il maggiore contributo nelle province di Aosta (9.700 euro), Bolzano (9.000), Roma (8.600), e Cagliari (8.300). Di nuovo nel Sud Sardegna si riscontra il valore più basso (3.400 euro).
Il peso dell’Industria è particolarmente rilevante in molte province del NordEst, in particolare in quelle di Modena (12.900), Vicenza (11.900 euro) e Reggio Emilia (11.200). Il valore aggiunto pro capite dell’Industria è, invece, pari a poco più di 700 euro a Caltanissetta e Reggio Calabria. Il valore aggiunto pro capite del settore delle Costruzioni supera i 2.000 euro solo a Bolzano.
Infine, l’Agricoltura fornisce il contributo più significativo nelle province di Bolzano e Pistoia (con circa 2.000 euro di valore aggiunto per abitante) e, nel Mezzogiorno, in quelle di Crotone e Oristano (circa 1.600 euro).
Crescita del Pil nel 2018: Marche in testa, Calabria fanalino di coda
A livello regionale, sono le Marche a registrare la crescita del Pil più elevata, con un 3% di aumento rispetto all’anno precedente. Un deciso recupero dell’attività produttiva si rileva anche per l’Abruzzo, dove il Pil è cresciuto del 2,2% a fronte dello 0,6% del 2017, e per la provincia di Bolzano (+2%).
Sopra la media nazionale si posizionano altre tre regioni del Mezzogiorno: Sardegna e Puglia (+1,4%) e Molise (+1,2%). In Lombardia la crescita economica rallenta sensibilmente: nel 2018 il Pil è aumentato dello 0,5%, contro il +2,2% dell’anno precedente.
Lazio (-0,2%) e Sicilia (-0,3%) chiudono il 2018 con una diminuzione del Pil in volume, ma le flessioni più rilevanti si riscontrano in Campania (-0,6%) e Calabria (-0,8%).
Quanto alla spesa per consumi delle famiglie, la dinamica nel 2018 è positiva e pari allo 0,9% appena superiore a quella del Pil (+0,8%). Gli incrementi più significativi dei consumi delle famiglie in volume si registrano in Liguria e Lazio (+1,7% in entrambe le regioni), seguite da Abruzzo (+1,5%), Umbria e Molise (+1,4%). Un rallentamento deciso della spesa delle famiglie si riscontra, invece, per la provincia di Bolzano e per il Piemonte, dove i consumi sono aumentati solo di un modesto 0,3%.
L’occupazione cresce in tutte le ripartizioni, andamento settoriale variabile
A livello nazionale l’input di lavoro complessivo, misurato in termini di numero di occupati, è aumentato nel 2018 dello 0,9%. La crescita è stata omogenea in tutte le ripartizioni.
Nel NordEst gli occupati risultano in crescita dell’1,1% rispetto al 2017, essenzialmente grazie al +2,3% registrato nell’Industria, cui si contrappone una sensibile diminuzione, pari al 4,2%, degli occupati in agricoltura.
Nel NordOvest la crescita dell’input di lavoro è pari alla media nazionale, nonostante la decisa contrazione del numero di occupati nel settore delle costruzioni (-3,7%), bilanciata da aumenti dell’1,2% sia nell’Industria che nei Servizi. Anche al Centro l’occupazione nel 2018 è cresciuta dello 0,9%, sintesi di aumenti generalizzati in tutti i settori produttivi.
Infine, nel Mezzogiorno il complesso degli occupati è aumentato dello 0,7%, poco meno della media nazionale, con i settori Agricoltura e Costruzioni a registrare la dinamica più positiva (+2,4%) mentre l’Industria si riduce marginalmente (-0,1%).
Nel Mezzogiorno l’incidenza più elevata di lavoro irregolare
Nel 2017, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni, l’economia non osservata (somma della componente sommersa e di quella illegale) rappresenta in Italia il 13,5% del valore aggiunto totale (l’incidenza sul Pil è pari al 12,1%): le componenti più rilevanti in termini di peso sono la rivalutazione della sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (6,2%) e l’impiego di lavoro irregolare (5,1%). L’economia illegale e le altre componenti minori (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) incidono per il restante 2,2%.
L’incidenza dell’economia non osservata è molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 19,4% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (14,1%). Sensibilmente più contenute, e inferiori alla media nazionale, sono le quote raggiunte nel NordOvest e nel NordEst, pari rispettivamente a 10,6% e 11,4%.
L’incidenza relativa delle tre componenti dell’economia non osservata viene confermata anche a livello ripartizionale; a pesare di più è la rivalutazione da sotto-dichiarazione che raggiunge un picco nel Mezzogiorno (pari all’8,6% del valore aggiunto) mentre nel NordOvest si registra il livello più contenuto (4,9%).
La quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è significativa nel Mezzogiorno, dove si attesta al 7,7%. In linea con la media nazionale (pari al 5,1%) risulta il Centro, mentre le altre due ripartizioni si collocano al di sotto di tale livello (3,9% il NordOvest e 4,1% il NordEst).
La Calabria è la regione in cui il peso dell’economia sommersa e illegale è massimo, con il 21,8% del valore aggiunto complessivo; l’incidenza più bassa si registra invece nella provincia di Bolzano (8,9%). Puglia e Molise presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato (rispettivamente 9,7% e 8,8%) mentre le quote più basse si registrano nelle Province di Bolzano (3%) e di Trento (3,7%).
Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (9,4% del valore aggiunto) e Campania (8,5%), le quote più contenute sono quelle osservate in Lombardia (3,7%) e Veneto (3,9%).
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