Tra gli imprenditori è allarme occupazione per le previsioni di carenza di personale, con le previsioni a 10 anni che evidenziano come la platea delle persone in età lavorativa (15-64 anni) presente in Italia sia destinata a diminuire di 3 milioni di unità (-8,1%), facendo calare la coorte demografica da poco meno di 37,5 milioni di unità a inizio 2024 ai 34,5 milioni nel 2034.
Le ragioni di questo allarme occupazione vanno ricercate nel progressivo invecchiamento della popolazione: con sempre meno giovani e con tanti “baby boomer” destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, molti territori subiranno un autentico “spopolamento”, anche di potenziali lavoratori, soprattutto nel Mezzogiorno. Tra le 107 province d’Italia monitorate, sottolinea l’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat, solo quella di Prato registrerà in questi 10 anni una variazione assoluta positiva (+ 1.269 unità pari al +0,75%). Tutte le altre 106, invece, presenteranno un saldo negativo.
Se alla recessione demografica si aggiunge l’instabilità geopolitica, la transizione energetica e digitale, le imprese italiane, specie quelle piccole, sono destinate a subire contraccolpi spaventosi. La difficoltà, ad esempio, di trovare giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è avvertita già ora, ci si figuri fra qualche decennio.
Si tratta di un andamento di lungo periodo, difficilmente invertibile da una ripresa della demografia nazionale o dall’inserimento di maggiori quantitativi di lavoratori immigrati. Senza contare che una società con meno giovani e più anziani dovrà fronteggiare un’impennata della spesa previdenziale, di quella sanitaria e di quella assistenziale da far tremare i polsi.
A livello territoriale, le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti riguarderanno, in particolare, il Sud. Lo scenario più critico interesserà la Basilicata che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di questa platea di persone del 14,6% (-49.466 persone). Seguono la Sardegna con il -14,2% (-110.999), la Sicilia con il -12,85 (-392.873), la Calabria con il -12,7% (-147.979) e il Molise con il -12,7% (-22.980). Per contro, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno la Lombardia con il -3,4% (-218.678), il Trentino Alto Adige con il -3,1% (-21.368) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,6% (-71.665)
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