Airbnb fa pace con il fisco e sborsa 576 milioni in tasse

La piattaforma non si rifarà sui locatori degli appartamenti e diventerà sostituto d'imposta.

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Tra Airbnb e l’Agenzia delle Entrate si chiude la vertenza relativa alle indagini fiscali condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano, relative agli anni 2017-2021 con la definizione di un accordo riguardo la ritenuta del 21% sui redditi dei locatori (host) non professionali derivanti da locazioni brevi (“cedolare secca”) per un pagamento complessivo al fisco di 576 milioni.

Airbnb non recupererà dai locatori le ritenute fiscali per questo periodo. «Stiamo anche proseguendo il confronto costruttivo con le autorità per quanto riguarda il periodo 2022-2023», spiega la società. Per il futuro Airbnb attende l’iter del disegno di legge di bilancio 2024, che interviene in tema di affitti brevi e si sta «preparando ad adempiere, con l’introduzione di un meccanismo di trattenuta e versamento delle imposte sui redditi degli host rilevanti all’Agenzia delle Entrate».

Airbnb Ireland Unlimited Company – chiarisce l’Agenzia delle Entrate guidata da Ernesto Maria Ruffinipagherà, complessivamente, 576 milioni di euro, di cui circa 353 milioni per le ritenute dovute e non versate, 174 milioni a titolo di sanzioni amministrative per le violazioni commesse e 49 milioni di interessi.

L’intesa chiude il contenzioso nato con le indagini fiscali condotte dalla Guardia di finanza e coordinate dalla Procura di Milano e sfociato nel maxi-sequestro preventivo da 779,6 milioni di euro nei confronti della società. Per la piattaforma non c’è stato nessuno sconto: Airbnb ha pagato tutto quello che è stato richiesto dal fisco, in quanto la cifra richiesta è stata “depurata” dei soggetti che non dovevano pagare la ritenuta. In sede di accertamento con adesione, la piattaforma ha chiesto che venissero espunti i locatori in possesso di partita Iva, quelli che hanno più di 4 appartamenti e che vengono ritenuti professionali e quelli che prestano dei servizi particolari e per questo motivo sono ritenuti anche loro professionali e quindi non devono pagare l’obolo. Sono stati eliminati anche quelli che comunque l’hanno pagata nella propria dichiarazione dei redditi. Quindi quello che rimane è il dato reale di chi doveva fare la ritenuta e non l’ha versata.

Altro dato interessante sono le tre tipologie di sanzioni comminate: la prima è per il mancato versamento delle ritenute, la seconda per la mancata effettuazione delle ritenute, la terza è per la mancata presentazione del modello 770 che è quello usato dai datori di lavoro per certificare le ritenute che operano. Ci sono migliaia di locatori in Italia. «Oltre tre quarti di loro – spiega Airbnbhanno solamente un annuncio; l’host tipico ha guadagnato l’anno scorso poco più di 3.500 euro. Circa un due terzi (59%) ha dichiarato che i proventi realizzati ospitando gli consente di arrivare a fine mese. Il 15% afferma di lavorare nella sanità, l’educazione o la pubblica amministrazione. La gran parte degli host su Airbnb in Italia sono persone comuni che si affidano alla piattaforma per integrare il proprio reddito familiare».

I milioni che saranno versati da Airbnb sono solo l’ultimo degli accordi milionari messi a segno dall’Agenzia delle Entrate, il cui elenco comprende anche Apple, Google, Amazon, Facebook, Mediolanum, Kering, Ubs, Netflix, Exor. A luglio 2023, la società Booking BV ha versato 93,3 milioni di euro a titolo di Iva dovuta per gli anni d’imposta dal 2013 al 2022 in adesione agli atti di accertamento emessi dall’Agenzia e al fine di perfezionare un ravvedimento operoso.

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