A gennaio sempre più commercio elettronico nei consumi degli italiani

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Innalzare l’Iva del 10%

Secondo l’Istat a fronte di un calo del commercio tradizionale (-1,2%), cresce quello digitale (+2,4%). Preoccupazione di Confcommercio e Federdistribuzione. Allarme dei consumatori

Non c’è stato un effetto saldi sulle vendite al dettaglio del mese di gennaio 2018 che continuano a diminuire nonostante gli sconti, segnando rispetto a dicembre un calo dello 0,5% in valore e dello 0,7% in volume.

Secondo l’Istat su base annua si registra una flessione dello 0,8% in valore e dell’1,9% in volume. Sempre rispetto a gennaio 2017, le vendite al dettaglio calano dell’1,2% sia per la Gdo sia per i piccoli negozi, ma il commercio elettronico registra un aumento del 2,4%. Da gennaio 2018 l’Istat estende il campo di osservazione del commercio al dettaglio, includendo anche le imprese che svolgono come attività prevalente il commercio elettronico.

Gli indici sull’e-commerce – spiega l’Istat – hanno un peso sull’indice generale dell’1,9% e misurano l’andamento delle vendite on-line «effettuate da imprese o stabili organizzazioni residenti in Italia a controllo nazionale o estero, la cui attività economica prevalente o esclusiva è la vendita al dettaglio attraverso internet». Si tratta di un indicatore sulle vendite (nazionali e non globali) delle imprese del settore commerciale residenti in Italia e non di un indicatore degli acquisti effettuati su internet dai consumatori residenti. Quindi, se un consumatore, residente in Italia, acquista su un sito appartenente a un’impresa residente all’estero, questo non si rifletterà sull’indicatore, ma se un consumatore, residente o meno nel nostro Paese, acquista tramite internet su un sito gestito da un’impresa residente in Italia, questo verrà colto nell’indicatore di commercio elettronico.

A gennaio il valore delle vendite al dettaglio segna una variazione tendenziale negativa sia per gli esercizi non specializzati sia per quelli specializzati (rispettivamente -1,4% e -1,2%). Tra i primi si registrano variazioni negative per gli esercizi a prevalenza alimentare (-1,2%) e per gli esercizi a prevalenza non alimentare (-3,1%). In particolare, tra gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, il valore delle vendite diminuisce per Ipermercati (-3,5%) e Supermercati (-1,1%), mentre i Discount registrano un incremento del 3,6%.

I dati diffusi dall’Istat allarmano consumatori e commercianti. Secondo l’Unione nazionale consumatori «i dati sono pessimi, le vendite calano sia su base mensile che su base annua, sia in valore che in volume – dice il presidente, Massimiliano Dona -. Per questo sarebbe disastroso aumentare l’Iva che, essendo un’imposta proporzionale, colpirebbe molto di più le famiglie povere e numerose, e avrebbe solo l’effetto di reprimere ulteriormente i consumi. Solo il commercio elettronico regge – sottolinea Dona -, a dimostrazione del fatto che i negozi tradizionali oggi devono sempre più poter competere ad armi pari con chi fa vendite online. Ecco perché è importante che in questa legislatura nessuno faccia passi indietro sulla possibilità di poter aprire il proprio esercizio commerciale quando si vuole, anche nei giorni festivi e 24 ore su 24».

Per l’Ufficio studi di Confcommercio «il 2018 si apre peggio del previsto per le vendite al dettaglio. I diversi segnali di rallentamento nello scenario economico italiano si concretizzano in una riduzione dell’indice di quasi il 2% reale rispetto a gennaio 2017, nonostante l’Istat abbia finalmente integrato la rilevazione con le vendite effettuate tramite internet, l’ambulantato e altri canali non considerati fino a oggi. Il debole profilo dei consumi non sarà certo risollevato dal rinvio della decisione sugli aumenti dell’Iva che, per ragioni tecniche, non potrà essere assunta nel testo del prossimo Def. Ciò potrebbe peggiorare le aspettiative delle famiglie, con riflessi negativi sul profilo degli investimenti e, in definitiva, del Pil dell’anno in corso».

Per Federdistribuzione i dati «confermano come il generale clima di incertezza sul futuro che ancora permane nelle famiglie ne sta frenando gli acquisti – afferma il presidente Claudio Gradara -. Mi auguro che il prossimo governo riesca a realizzare una politica a sostegno dei redditi delle famiglie, in grado di ricreare un positivo clima di fiducia e di incentivare lo sviluppo della domanda. L’attuale quadro dei consumi è preoccupante – prosegue – perché si sovrappone a una fase cruciale di evoluzione del mondo del commercio, stretto tra uno strutturale cambiamento dei comportamenti d’acquisto dei consumatori, una imponente crescita della tecnologia che incide sull’organizzazione d’impresa e il dirompente impatto delle vendite on line».

Secondo un’elaborazione di Coldiretti, la spesa media sul Web degli italiani ha raggiunto i 595 euro a testa nell’ultimo anno. Una realtà che coinvolge più di 2 italiani su tre (67%) che hanno “visitato” un negozio on line mentre più della metà (53%) hanno acquistato un prodotto o un servizio in rete. Sul podio dei prodotti più acquistati dagli italiani nel Web – spiega la Coldiretti – ci sono l’abbigliamento ed i prodotti di bellezza con un importo di circa 4,3 miliardi di dollari all’anno, seguito dalle vacanze per 3,5 miliardi e i viaggi e dai giocattoli ed hobby per 2,7 miliardi. Molto distanziato con un importo di 1,2 miliardi di dollari il settore del “food & personal care” che con un aumento del 15% è quello che fa registrare l’incremento maggiore nell’arco dell’anno.