E’ sempre gradevole ascoltare un disco degli Aca Seca (che nella lingua nativo-americana Quechua sta a significare “escremento secco”), anche se presumo risulti più emozionante assistere a un loro concerto dal vivo.
Il repertorio è fatto di canzoni melodiche, ma con una pregnante base ritmica sottesa. Il trio esiste dal 1999. Ha all’attivo cinque Cd. Questo è il secondo distribuito da Egea, dopo il precedente “La musica y la palavra”, che conteneva brani registrati dal 2001 al 2006.
I tre musicisti, argentini – Joan Quintero alle chitarre (1977), Andres Beeuwsaert alle tastiere e al basso elettrico (1978), Mariano Cantero, chiamato Tiki, alla batteria, percussioni varie ed effetti (1972) – sono principalmente dei sensibili vocalisti e, anche se il solista sembra essere Quintero, tutti utilizzano la voce in maniera eccellente, creando deliziose armonie, mentre sorprendono nel canto a cappella, ossia senza l’accompagnamento di strumento alcuno. Insomma, tecnica, sensibilità e buon gusto si legano anche in questo “Trino”, registrato a febbraio, ottobre, novembre e dicembre dello scorso anno. In scaletta ci sono dieci brani, per una durata insolitamente breve (poco più di 33 minuti) rispetto a quella standard di un Cd, che si attesta tra i 50 e i 60 minuti con picchi tra i 70 e i 78. Dunque, è un ritorno al minutaggio del vinile che sta riprendendo piede tra gli amanti ed acquirenti dei supporti del passato.
Le voci tendono al lamento, come è comune in molti artisti sudamericani soprattutto di lingua ispanica (mi viene alla mente Pedro Aznar). Soltanto tre, i brani originali, due di Quintero (“Paseo e Bandera”) e uno, l’unico esclusivamente strumentale, di Beeuwsaert (“Hadas”). Anche questa volta il gruppo interpreta una composizione del tastierista uruguayano Hugo Fattoruso (“Formas”), collaboratore tra gli altri del brasiliano Milton Nascimento in alcuni dischi di successo e amante del genere percussivo del “Candombe”.
Due i titoli che mi sono piaciuti maggiormente, “la Ciguena”, una canzone popolare spagnola, in cui i tre musicisti cantano, ognuno utilizzando soltanto strumenti a percussione, e ricordano certi titoli dello storico gruppo cileno “Inti Illimani”, e il conclusivo “A mi patron”, di Federico Parra, in cui Quintero e Beeuwsaert utilizzano solo le loro voci assieme a quelle di Tiki, il quale sostiene il pezzo mediante un tappeto percussivo che cresce mano a mano che scorrono i minuti. Il testo, breve e ripetuto, esige il rispetto per i lavoratori, spesso maltrattati e feriti nell’animo dai padroni.
Il disco affianca danze e generi tradizionali dell’Argentina (Chacarera, Zamba, Milonga) ad accenni di Jazz, Fusion e Bossanova. E’ consigliabile una serie ripetuta di ascolti, per poterne assaporare e capire le delicatezze strumentali e le armonie vocali.