Continua la grandinata di sentenze dei Tribunali della Repubblica che stabiliscono in via unitaria come le basi giuridiche a supporto dell’emanazione dello stato di emergenza decretato dal governo BisConte siano inesistenti e scientificamente non provate.
Il Dpcm del 3 dicembre 2020 sulle misure per la pandemia da Covid 19, è stato bollato come «senza motivazioni», come se fosse stata scritta un’opinione e non un provvedimento amministrativo basato su «dati scientifici», dove «non ci sono mai specifiche indicazioni sulla gravità ed incidenza della diffusione del virus tali da rendere congrue, proporzionate ed adeguate le misure adottate» che vanno a comprimere libertà costituzionalmente garantite.
Questa la sintesi delle motivazioni del giudice Flavia Mazzini del Tribunale civile di Pesaro contenute nella sentenza emessa quindici giorni fa su ricorso del ristoratore e fondatore del movimento “IoApro”, Umberto Carriera, con la quale ha annullato le sanzioni a carico del ristoratore per lo stato di emergenza, multato dalla polizia il 15 gennaio 2021 per aver violato il confinamento tenendo aperto di sera il suo ristorante “La Grande bellezza” di Mombaroccio (Pesaro Urbino) per ospitare trenta commensali, tra cui Vittorio Sgarbi.
La polizia elevò un verbale di 800 euro a carico di Carriera, che lo impugnò avanti al Tribunale civile con l’avvocato Lorenzo Nannelli che ora commenta soddisfatto l’esito del ricorso: «il giudice Flavia Mazzini ha disapplicato i Dpcm di Giuseppe Conte dichiarandoli illegittimi, perché essendo il Dpcm un atto amministrativo, lo stesso doveva essere motivato. Nessun verbale del Cts (Comitato tecnico scientifico) motivava le chiusure dalle 18.00 in poi, delle medesime attività (in questo caso i ristoranti) che potevano rimanere aperte a pranzo e non a cena. Inoltre, non si comprende dai verbali del Cts per quali motivi, nello stesso periodo, le aree di servizio potessero rimanere aperte con servizio a tavolo, così come i ristoranti degli alberghi. Ora Umberto Carriera, potrà richiedere al governo il risarcimento dei danni subiti per le chiusure dei ristoranti nelle varie fasce a colori».
Tra le motivazioni del giudice Mazzini, il presupposto su cui basa la sua decisione di disapplicazione del Dpcm 3 dicembre 2020 che dichiarava lo stato di emergenza è che «non ci sono mai specifiche indicazioni sulla gravità ed incidenza della diffusione del virus tali da rendere congrue, proporzionate ed adeguate le misure adottate».
Ora, l’auspicio è che questa sentenza, così come le altre, non vengano appellate nel tentativo di andare contro l’evidenza, contro il diritto e il mero buon senso, facendole diventare definitive. Ma una cosa è certa: i danni patiti da centinaia, migliaia di operatori economici dai provvedimenti emanati dal governo BisConte con atti farlocchi dovrebbero essere risarciti non tanto dallo Stato, già troppo indebitato di suo, ma da tutti i componenti del governo che li ha votati. Sarebbe una punizione esemplare per evitare che fatti del genere si possano ripetere per causa di troppa superficialità e mancanza di adeguata valutazione delle conseguenze sociali ed economiche di decisioni estemporanee che hanno sulla popolazione.
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