I salumi sarebbero cancerogeni. Le preoccupazioni sono ridimensionate dai nutrizionisti e dai produttori
Il consumo di salumi, insaccati e ogni genere di carne lavorata è cancerogeno e probabilmente è tale anche quello di carne rossa: l’allarme arriva dall’agenzia di ricerca sul cancro dell’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanita’.
L’Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) -che ha stilato un rapporto sulla base di oltre 800 studi sul legame tra una dieta che comprenda le proteine animali e il cancro – fa rilevare che il dato conferma le attuali raccomandazioni «a limitare il consumo di carne».
L’agenzia include la carne di maiale tra la carne rossa, insieme a quella di manzo, vitello, agnello, pecora, cavalli e capre. Le carni «lavorate» sono state inserite nel gruppo di rischio nel quale entrano sostanze come alcol, fumo, benzene, naftalina, ma anche farmaci come la ciclosporina. L’Oms, che stila la lista, le ha infatti inserite nel Gruppo 1, che contiene i carcinogeni umani certi e comprende oltre 115 sostanze. «Il gruppo di lavoro (che ha esaminato 800 studi, ndr) – si legge nell’articolo dell’agenzia tumori dell’Oms pubblicato su Lancet – ha classificato il consumo di carne lavorata come «cancerogena per esseri umani (Gruppo 1) sulla base di sufficienti evidenze per il cancro al colon-retto». Mentre il consumo di carne rossa è stato inserito nel Gruppo 2A, perché «associata al cancro al colon-retto, al pancreas e alla prostata». Il Gruppo 2A comprende cancerogeni “probabili per l’uomo”, e conta al momento circa 70 agenti.
Tuttavia, gli oncologi invitano alla prudenza: «no agli allarmismi: l’Oms dice cose che in gran parte già sappiamo, e nessuno si sogna di vietare il consumo di carne: come per tutti gli alimenti, serve equilibrio», dice Carmine Pinto, presidente dell’associazione italiana degli oncologi (Aiom). «Lo Iarc dà diversi livelli di rischio, legati al livello di probabilità che un determinato agente sia cancerogeno per l’uomo – spiega Pinto -. Gli studi sugli insaccati hanno indotto gli esperti a collocarli nel gruppo più a rischio perché se ne è appurata la cancerogenicità, soprattutto per via di nitrati e nitriti, i conservanti che vengono utilizzati». Ma va detto, avverte l’oncologo, «che si tratta in gran parte di studi vecchi, oggi si usano molto meno questi conservanti tossici». Quanto alla carne rossa, collocata nel gruppo 2A, «è messa tra i “probabili” elementi cancerogeni, perché ancora non c’è una certezza sugli studi epidemiologici. Poi ovviamente dipende dalla quantità, non si può dire che la carne rossa fa male come il fumo. C’è un equilibrio che va mantenuto».
Le liste compilate dallo IARC raggruppano le sostanze sulla base del livello di cancerogenità dimostrato in studi scientifici. L’ingresso nella lista richiede che siano disponibili i risultati di studi di laboratorio e, se disponibili, anche di studi epidemiologici sull’uomo. Attenzione però: se una sostanza (come nel caso di oggi, le carni lavorate), viene inserita nel gruppo 1, che comprende elementi pericolosissimi come fumo, alcol, smog, arsenico, benzene e via di questo passo, non vuol dire che mangiare un wurstel sia nocivo come fumare un pacchetto di sigarette. Gli studi, infatti, vengono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d’esposizione molto lunghe, difficilmente replicabili nella vita reale. «Prima di preoccuparsi – sottolinea infatti l’Airc, l’associazione italiana per la ricerca sul cancro – è importante sapere non solo in che lista si trova una certa sostanza ma quali sono i dosaggi e le durate d’esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non solo teorico».
Alcol, benzene, la naftalina usata come antitarme negli armadi ma anche farmaci come la ciclosporina, impiegata per impedire il rigetto nei tumori: tutte queste sostanze hanno in comune l’appartenenza alla classe 1. Il gruppo 1 contiene i carcinogeni umani certi e comprende al momento 117 agenti; il gruppo 2A comprende carcinogeni probabili per l’uomo e contiene 74 agenti; il gruppo 2B riunisce i carcinogeni possibili, per un totale di 287 sostanze; il gruppo 3 comprende le sostanze non classificabili come carcinogene (al momento sono 505); il gruppo 4, infine, raggruppa sostanze probabilmente non carcinogene per l’uomo (in questa categoria c’è una sola sostanza, il caprolactam, un precursore del nylon). E’ la stessa Airc quindi a specificare che «quando leggiamo che una sostanza o un agente è stato inserito in una delle liste dello Iarc, non è il caso di farsi prendere dal panico. E’ necessario capire quali sono i reali margini di rischio ed entro che dosi e limiti vale la pena di preoccuparsi davvero».
Il rapporto Oms secondo la Coldiretti va preso con le pinze: «le carni “Made in Italy” sono più sane, perché magre, non trattate con ormoni e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione “Doc” che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali tanto da garantire agli italiani una longevità da primato con 84,6 anni per le donne e i 79,8 anni per gli uomini». Coldiretti sottolinea poi che il rapporto Oms è stato eseguito su scala globale su abitudini alimentari molto diverse come quelle statunitensi che consumano il 60% di carne in più degli italiani. «Non si tiene peraltro conto – sottolinea la Coldiretti – che gli animali allevati in Italia non sono uguali a quelli allevati in altri Paesi e che i cibi sotto accusa come hot dog, bacon e affumicati non fanno parte della tradizione italiana. Il consumo di carne degli italiani con 78 chili a testa – precisa la Coldiretti – è ben al di sotto di quelli di Paesi come gli Stati Uniti con 125 chili a persona o degli australiani con 120 chili, ma anche dei cugini francesi con 87 chili a testa. E dal punto di vista qualitativo la carne italiana – continua la Coldiretti – è meno grassa e la trasformazione in salumi avviene naturalmente solo con il sale senza l’uso dell’affumicatura messa sotto accusa dall’Oms».
Secondo Coldiretti proprio quest’anno peraltro la carne è diventata la seconda voce del budget alimentare delle famiglie italiane dopo l’ortofrutta con una rivoluzione epocale per le tavole nazionali che non era mai avvenuta in questo secolo. La spesa degli italiani per gli acquisti è scesa a 97 euro al mese per la carne che, con una incidenza del 22% sul totale, perde per la prima volta il primato, secondo l’analisi della Coldiretti. Una situazione che preoccupa anche i pediatri che proprio all’inizio di ottobre in occasione del IX Congresso Nazionale Fimp (Federazione Italiana Medici Pediatri) hanno tenuto a sfatare quei miti che spesso impediscono alle famiglie di consumare serenamente la carne. In un paese dove si sono ripetuti casi di malnutrizione dei bambini per l’eliminazione delle carni dai menu occorre evitare allarmismi e – conclude la Coldiretti – ricordare che la carne italiana è un alimento sicuro e prezioso anche per lo svezzamento dei bambini poiché a livello nutrizionale é un alimento ricco di nutrienti fondamentali nelle prime fasi della vita di un individuo nelle quantità suggerite dal modello della Dieta Mediterranea.
Per Assica, l’associazione industriali della carne e dei salumi, gli italiani hanno un consumo di carni rosse e carni trasformate che è molto al di sotto dei quantitativi considerati come potenzialmente rischiosi dall’Organizzazione mondiale della Sanità. L’associazione auspica anche che «non si crei un ingiustificato allarmismo che rischia di colpire uno dei settori chiave dell`agroalimentare italiano. Il settore agroalimentare in Italia contribuisce a circa il 10-15% del prodotto interno lordo annuo, con un valore complessivo pari a circa 180 miliardi di euro. Di questi, circa 30 miliardi derivano dal settore delle carni e dei salumi, includendo sia la parte agricola che quella industriale. I settori considerati danno lavoro a circa 125.000 persone a cui va aggiunto l`indotto».
Per quanto riguarda l’allarme lanciato dall’Oms, Assica precisa che le quantità indicate dallo studio (100 grammi al giorno per la carne rossa e 50 grammi al giorno per quella trasformata) «come condizione per un aumento comunque modesto del rischio sono molto più alte del consumo tipico del nostro Paese – spiega Assica – visto che gli italiani mangiano in media 2 volte la settimana 100 grammi di carne rossa (e non tutti i giorni) e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata. Il dato IARC è quindi superiore al doppio della media del consumo in Italia». Assica ricorda che organismi pubblici, società mediche ed esperti nutrizionisti «raccomandano il consumo di tutti i gruppi di alimenti al fine di avere una dieta sana, varia ed equilibrata. Tra questi anche un moderato consumo di prodotti di carne. La carne e i salumi, spesso oggetto di pregiudizi, sono infatti alimenti che contribuiscono al perfetto equilibrio nutrizionale garantito dalla Dieta Mediterranea: rappresentano una buona fonte di proteine e aminoacidi essenziali da consumare almeno due volte a settimana».