Studio dell’Aci secondo cui per muoversi in città gli italiani pagano 1.500 euro in più rispetto agli altri europei. Evidenziati i gravi ritardi del sistema di trasporto pubblico locale nel Paese
Nel momento più difficile della crisi economica che sta interessando il Paese, l’Automobile Club d’Italia, attraverso lo studio “Il trasporto pubblico locale in Italia: stato, prospettive e confronti internazionali” svolto dalla Fondazione “Filippo Caracciolo” accende i riflettori sulla mobilità urbana e in particolare sul trasporto pubblico locale. Le infrastrutture e in generale la realizzazione di sistemi di trasporto efficienti costituiscono, secondo ACI, uno dei principali strumenti per uscire dall’impasse economica e sociale che attanaglia l’Europa. In un contesto economico in cui l’uso dell’auto diventa sempre più costoso, il trasporto pubblico locale (TPL) può garantire quella libertà di circolazione tutelata dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. L’ACI e la Fondazione Caracciolo vedono metropolitane, bus, tram e treni urbani come alleati strategici dell’auto per lo sviluppo di una mobilità veramente sostenibile.
Con lo studio della Fondazione Caracciolo sviluppato in collaborazione con il Dipartimento di ingegneria dei trasporti dell’Università Federico II di Napoli, l’ACI punta il dito sullo stato di grave crisi della mobilità pubblica nel nostro Paese, imputabile soprattutto ai ritardi nelle infrastrutture e negli investimenti, oltre che all’incertezza di risorse e regole. “L’inefficienza del trasporto pubblico locale genera uno spread della mobilità urbana in Italia rispetto al resto d’Europa – dichiara Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’ACI – che comporta alle famiglie un costo aggiuntivo di 1.500 euro all’anno per muoversi, pari a quasi il triplo dell’importo medio dell’IMU (590 euro). E’ il costo degli “automobilisti per forza”, cioè di quei chilometri che un italiano è costretto a percorrere in più con l’auto rispetto un altro europeo a causa della mancanza di servizi di TPL efficienti ed economici. Serve una pianificazione coordinata a livello centrale degli investimenti e degli interventi, stimolando un salto di qualità del sistema di trasporto pubblico che deve integrarsi di più con l’auto. In quest’ottica servono anche più parcheggi di scambio, a costi calmierati compresi nel biglietto urbano, per favorire quella plurimodalità di trasporto che è l’unica soluzione perseguibile fin da subito per una mobilità urbana conveniente e sostenibile”.
Secondo Ennio Cascetta, presidente del Comitato Scientifico della Fondazione ACI “Filippo Caracciolo” “un sistema di trasporto pubblico efficace è fondamentale per la qualità della vita, la sostenibilità della mobilità e la competitività delle città italiane. Questo settore sconta ritardi gravissimi rispetto agli altri paesi europei, sia in termini di investimenti che di efficienza dei servizi. Basti pensare che nella sola Madrid ci sono più chilometri di metropolitana che in tutte le città italiane messe insieme. La crisi economica richiede una radicale inversione di rotta rispetto a un passato di risorse incerte, regole instabili, costi elevati e ricavi bassi. Il trasporto pubblico locale deve diventare una priorità nazionale attraverso un progetto coordinato che preveda investimenti, chiarezza normativa, apertura alla concorrenza, revisione delle politiche della mobilità urbana e aumento della produttività. Si tratta di avviare un ciclo virtuoso che consenta all’Italia di ridurre lo spread della mobilità che oggi penalizza le famiglie e i conti pubblici”.
Il confronto con i paesi europei è particolarmente negativo nel settore ferroviario, sia urbano che suburbano: in Europa ci sono quasi 8 treni km per ciascun abitante contro i circa 5 in Italia. Nelle città maggiori si osserva una situazione di maggiore squilibrio, con circa 20 km di rete metropolitana per milione di abitanti rispetto a una media UE di 54 km.
La dotazione di tram è ancora più sconfortante, con circa 120-130 km di rete per milione di abitanti in Europa contro i circa 40 km in Italia. Mentre i costi operativi nazionali risultano mediamente più alti rispetto al livello europeo (+30%), le tariffe sono più basse (-40% la tariffa oraria e quasi -50% il singolo biglietto). Ne consegue un grado di copertura dei costi molto inferiore (30,7% in Italia rispetto al 52,1% dei principali paesi europei per il settore gomma).
Anche l’età del nostro parco circolante su gomma è maggiore: già nel 2005 era di 9,2 anni contro la media europea di 7,7 e dati più aggiornati evidenziano un netto peggioramento (circa 11 anni), anche a seguito del blocco dei finanziamenti pubblici per il rinnovo del parco bus. La politica discontinua degli investimenti ha generato poi gravi ripercussioni sull’industria nazionale di produzione di autobus e materiale ferro-tramviario. Non meno gravi sono i ritardi sul fronte dell’innovazione tecnologica: l’applicazione dei sistemi di trasporto intelligenti ITS nel trasporto pubblico (localizzazione dei veicoli, paline intelligenti, informazione all’utenza, priorità semaforica, controllo delle corsie preferenziali) è ancora limitata ad alcune eccezioni sul territorio.
Questi ritardi possono essere colmati solo con investimenti urgenti e importanti. Secondo lo studio della Fondazione ACI, per adeguarsi agli standard europei bisognerebbe investire oltre un miliardo di euro di risorse aggiuntive in servizi e oltre 4 miliardi di euro all’anno per dieci anni in infrastrutture e materiale rotabile. Allo stato attuale, invece, non vi è alcuna certezza nemmeno per le risorse necessarie a garantire il funzionamento dei servizi oggi erogati.
La politica dei trasporti italiana negli ultimi quindici anni è stata caratterizzata da una precarietà di fondo e dall’assenza di una visione di lungo periodo. Tutto ciò consegna al Paese un sistema di trasporto pubblico costoso e inefficiente. L’intricato percorso di tagli e provvedimenti che si sono susseguiti dal 2011 lascia intravedere uno spiraglio con la creazione del nuovo Fondo Nazionale per i Trasporti. L’incertezza tuttavia permane sulle risorse totali (non è ancora chiaro se 1,5 miliardi di euro dell’ex Fondo perequativo siano inclusi o meno), sulla ripartizione delle risorse a disposizione tra le regioni e sull’esito del provvedimento di approvazione del disegno di legge di “Stabilità”.
All’incertezza dei finanziamenti si affianca uno scenario di regole confuse e in continuo cambiamento sulle forme e sui tempi dell’apertura al mercato (es. D.L. 201/2011 per la creazione di un’Autorità per il settore de trasporti non ancora istituita).