Rispetto alle catene petrolifere, garantiti sconti fino a 13 centesimi al litro
Oltre 2.000 pompe ‘bianche’ e 86 punti vendita collegati alla Grande Distribuzione Organizzata (GDO): sono i protagonisti della nuova fase che sta attraversando la rete distributiva dei carburanti per autotrazione, con effetti benefici sui prezzi, più bassi fino a 13 centesimi di euro al litro rispetto agli impianti delle compagnie petrolifere, laddove la spinta concorrenziale esplica gli effetti maggiori. Questa è la principale conclusione cui giunge l’indagine conoscitiva dell’Antitrust che ‘fotografa’ l’assetto del settore e chiede al legislatore ulteriori interventi normativi per rafforzare le potenzialità dei nuovi entranti, in grado di ‘rompere’ l’assetto oligopolistico del mercato dei carburanti.
L’indagine, avviata a marzo 2011, fornisce un quadro numerico, inedito, del settore: i punti vendita legati alle compagnie petrolifere continuano ad essere predominanti: sono 22.000 contro gli oltre 2.000 degli operatori indipendenti e gli 82 della GDO. La classifica si capovolge se si guarda l’erogato medio per impianto: 7,2 milioni di litri per la GDO, 1,6 per le pompe bianche, 1,4 per gli impianti delle compagnie petrolifere.
Dall’analisi dei prezzi praticati alla pompa, lungo un periodo di circa due anni tra il 2010 ed il 2011, emerge che gli impianti della GDO praticano prezzi più bassi rispetto agli operatori indipendenti (pompe bianche), oltre che ovviamente rispetto agli impianti “colorati” delle società petrolifere. A livello assoluto, la GDO pratica prezzi da 9 a 13 centesimi di euro più bassi degli impianti “colorati” e da 1,5 a 5 centesimi di euro più bassi degli impianti “bianchi”.
Le spinte concorrenziali non hanno lo stesso effetto sui prezzi lungo lo stivale: il Sud ha sempre prezzi più elevati, il NordEst ed il NordOvest hanno i prezzi più bassi, il Centro ha una posizione intermedia. In particolare, sia per gli impianti della GDO che per gli impianti no logo gestiti dagli indipendenti, i prezzi più bassi sono stati quelli praticati nel NordEst, dove gli operatori sono di medie dimensioni (non più di venti impianti) con punti vendita evoluti, in cui il self-service e i servizi non-oil sono diffusi più ampiamente che nel resto d’Italia. Riescono così a sfruttare appieno tutte le leve concorrenziali, con un erogato medio elevato di gran lunga superiore a quello dei punti vendita “colorati” che si accompagna a politiche di prezzo particolarmente aggressive.
La GDO a inizio 2011 risulta presente con 82 impianti; gli operatori con almeno 10 punti vendita sono attivi in tutte e quattro le macroregioni. Le reti dei due operatori più grandi sono tuttavia concentrate nel NordOvest, dove sono localizzati circa il 45% degli impianti di Auchan e quasi tre quarti dei punti vendita di Carrefour. Il 40% della rete di Conad è invece concentrata al Sud. Una percentuale alta di impianti espone però, insieme al marchio dell’azienda GDO, anche il marchio delle compagnie petrolifere verticalmente integrate. I prezzi degli impianti della GDO sono risultati più aggressivi (e difficili da replicare) quando i punti vendita espongono soltanto il marchio dell’operatore della grande distribuzione. I prezzi praticati dagli impianti della GDO in co-branding, invece, tendono ad essere meno aggressivi.
L’indagine condotta da Antitrust ha evidenziato anche un atro aspetto che in molti sospettavano. Le compagnie ‘tradizionali’, verticalmente integrate (dalla raffinazione alla distribuzione), mostrano una situazione oligopolistica tra gli operatori integrati nel quale i protagonisti più efficienti (Eni ed Esso su tutti) non spingevano la competizione fino a livelli che li avrebbero differenziati davvero dai concorrenti e avrebbero minacciato di far uscire questi ultimi dal mercato. Le sette società petrolifere attive a livello nazionale nella distribuzione di carburanti in rete sembravano ancora nel 2011 presentarsi sul mercato come soggetti nella sostanza allineati su comportamenti non troppo differenziati: uno scenario dalla chiara connotazione collusiva, che potrebbe teoricamente costituire l’esito di un coordinamento tra gli operatori verticalmente integrati. Di tale eventuale coordinamento, tuttavia, nel corso dell’indagine non sono state acquisite evidenze. Ma, probabilmente, è solo una questione di tempo.