Lo studio verte sulle caratteristiche del ghiaccio profondo estratto con delle carote di ghiaccio estratte esattamente un anno al fine di conoscere le condizioni climatiche e ambientali del passato sulle Alpi Orientali
Il “Progetto Ortles” è un progetto di ricerca internazionale, coordinato dal Byrd Polar Research Center dell’Università dell’Ohio (USA) e dalla Ripartizione protezione antincendi e civile della provincia di Bolzano, supportato dalla National Science Foundation americana che si avvale della collaborazione scientifica dell’Università e l’IDPA-CNR di Venezia, l’Università di Innsbruck, l’Università di Berna, l’Accademia Russa delle Scienze di Mosca, l’Università di Padova (TeSAF), l’Ufficio Geologia e prove materiali della provincia di Bolzano, l’Università di Pavia, Waterstones s.r.l. di Varna e il gruppo di Remote Sensing dell’EURAC di Bolzano.
Il progetto ha come scopo lo studio del ghiaccio profondo dell’Ortles quale prezioso archivio di informazioni delle condizioni climatiche e ambientali del passato sulle Alpi Orientali. “Lo studio delle carote di ghiaccio è accompagnato da un monitoraggio della calotta dell’Ortles quale osservatorio strategico dei cambiamenti climatici in atto in alta quota, con particolare attenzione alle variazioni fisiche del ghiacciaio sommitale ed al permafrost” spiega Roberto Dinale dell’Ufficio idrografico della provincia di Bolzano.
I risultati relativi alle prime analisi delle carote di ghiaccio estratte esattamente un anno fa lungo lo spessore di 75 metri del ghiacciaio sommitale dell’Ortles, a 3.859 m di quota in Alto Adige, sono stati presentati nell’ambito del convegno internazionale di paleoclimatogia “IPICS 2012”, svoltosi a Marsiglia (Francia).
Nonostante i ripetuti fenomeni di fusione superficiale che hanno interessato il ghiacciaio dell’Ortles soprattutto durante le estati più recenti, il ghiaccio più profondo ha conservato memoria annuale delle caratteristiche dell’atmosfera del passato. Le analisi, coordinate da Paolo Gabrielli del Byrd Polar Research Center di Columbus in Ohio (USA), hanno ad esempio mostrato che nel ghiaccio estratto a 41 metri di profondità è presente lo strato leggermente radioattivo risalente all’anno 1963. Quest’anomalia, comunemente identificata nei siti di perforazione glaciali del pianeta dall’Antartide fino alla Groenlandia, è infatti riconducibile al periodo storico di massima frequenza dei test nucleari in atmosfera ed è utile per la datazione delle carote di ghiaccio. “Sempre a questo scopo, il ritrovamento a 74 metri di profondità di un’aghifoglia di conifera trasportata in alta quota dai venti durante l’antichità, ha permesso di ottenere, tramite la tecnica di analisi del carbonio 14, una prima indicazione dell’età del ghiaccio basale dell’Ortles che potrebbe risalire a 2664 anni fa, all’epoca della transizione tra la prima e la seconda Età del Ferro”, aggiunge Gabrielli.
“Questi primi risultati – commenta Hanspeter Staffler, direttore della Ripartizione Protezione antincendi e civile della provincia di Bolzano – sono incoraggianti in quanto abbiamo potuto verificare di essere riusciti a recuperare questo importante archivio di informazioni climatiche ed ambientali prima che venisse compromesso dalla fusione causata dal forte riscaldamento osservato in quota durante le estati degli ultimi 30 anni”.
Le prossime analisi forniranno indicazioni più precise sulla lunghezza della storia climatica ed ambientale delle carote di ghiaccio estratte dall’Ortles.