Inquinamento aria, Bacino Padano fra aree peggiori d’Europa

Lo denuncia l’Ispra. E per Lega Ambiente la salute dei corpi idrici non è delle migliori. 

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bacino padano ambiente e inquinamento

Il Bacino Padano è una delle aree dove l’inquinamento atmosferico è più pesante in Europa secondo l’Annuario dei dati ambientali 2019 dell’Ispra (il centro studi del ministero dell’Ambiente).

Guardando ai dati del 2019, il valore limite giornaliero del PM10 è stato superato nel 21% delle stazioni di monitoraggio (50 microgrammi per metro cubo, da non superare più di 35 volte l’anno). Rispettati invece i limiti per i PM2,5 nella maggior parte delle stazioni di rilevamento. Uno degli effetti del confinamento delle persone è stata la riduzione del biossido di azoto tra il 40 e 50% nelle regioni del Nord e nel Bacino Padano. 

Per quanto riguarda l’inquinamento elettromagnetico, tra luglio 2018 e settembre 2019 i casi di superamento dei limiti di legge sono aumentati (+6%) sia per gli impianti radio televisivi (RTV) sia per le Stazioni Radio Base (SRB) della telefonia mobile (+4%). Per le sorgenti ELF (a bassa frequenza, cioè elettrodotti ed elettrodomestici) i dati risultano sostanzialmente invariati. 

Per quanto riguarda le sostanze chimiche, a preoccupare sono soprattutto i pesticidi: nelle acque superficiali il 24,4% dei punti monitorati mostra concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale. Il 6% nelle acque sotterranee. L’Unione Europea è il secondo produttore mondiale di sostanze chimiche dopo la Cina, mentre l’Italia è il terzo produttore europeo, dopo Germania e Francia, con più di 2.800 imprese attive e 110.000 addetti. 

Questo tema viene ripreso da Legambiente, secondo cui in Italia circa il 60% delle acque di fiumi e laghi non è in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono protetti adeguatamente. Le acque sono contaminate dai pesticidi agli antibiotici, dalle microplastiche fino alle creme solari, molte sostanze e composti chimici usati ogni giorno inquinano anche il mare lungo le coste e le falde sotterranee. 

Legambiente, basandosi su dati del registro europeo degli inquinanti E-Prtr (European Pollutant Release and Transfer Register), calcola che dal 2007 al 2017 gli impianti industriali abbiano immesso, secondo le dichiarazioni fornite dalle stesse aziende, 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei corpi idrici. 

Legambiente lancia un appello al Governo, affinché «una parte considerevole dei mille miliardi di euro stanziati dall’Ue per le politiche ambientali e climatiche finanzi il “Green New Dealitaliano per favorire il recupero dei ritardi infrastrutturali, l’adeguamento ed efficientamento degli impianti di depurazione e della rete fognaria e degli acquedotti, gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico».

Per raggiungere l’obiettivo “acqua pulita”, le priorità d’azione, secondo Legambiente, riguardano la salvaguardia della biodiversità nei laghi, fiumi e acque dolci e la riduzione dell’inquinamento proveniente sia dall’uso eccessivo di nutrienti in agricoltura che quello ancora più preoccupante dovuto alle microplastiche e ai farmaci. «Sono 130.000 all’anno – rileva l’Ong ambientalista – le tonnellate di pesticidi usate nella filiera agricola italiana: secondo l’Ispra, quantità significative di principi attivi e metaboliti di questi fitofarmaci si ritrovano in acque superficiali (67%) e sotterranee (33%), evidenziando la correlazione fra chimica nelle filiere tradizionali e impatti negativi sul sistema idrico». 

Altro rischio sanitario, riferisce Legambiente, «deriva dai contaminanti nelle attività agrozootecniche: una ricerca pubblicata da “The Lancet” nel 2018 rivela che in Italia avviene un terzo delle 33.000 morti annue nell’Ue da infezioni da Amr (agenti resistenti agli antimicrobici)». Nel 2019, ricorda ancora l’associazione ambientalista, «l’Agenzia Europea del Farmaco ha evidenziato un uso di antibiotici sproporzionato nei nostri allevamenti: 1.070 tonnellate all’anno, il 16% dei consumi Ue, con il Bacino Padano area di maggiore utilizzo europeo». 

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