In Svezia nasce la prima acciaieria sperimentare che azzera l’impatto ambientale

Utilizzando l’idrogeno al posto del carbon coke per la riduzione degli ossidi ferrosi grezzi si annullano le emissioni di anidride carbonica. Il ciclo di produzione interamente sostenibile alimentato da energia rinnovabile. 

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Basta carbon coke per produrre acciaio: in Svezia decolla il progetto sperimentale dell’acciaieria che impiega l’idrogeno per la riduzione degli ossidi ferrosi. A fare da apripista è il progetto Hybrit lanciato due anni dalla joint venture fra LKAB, SSAB e Vattenfall con l’obiettivo di creare un prodotto finale senza l’impego di combustibili fossili.

L’iniziativa ha superato le fasi di test e redatto il piano di pre-fattibilità, e ora si accinge a realizzare il primo impianto pilota nella città settentrionale di Luleå a 250 km dai giacimenti minerari di Norrbotten.

Secondo le previsioni di Ssab, il consumo di acciaio nel mondo è stimato in espansione. Da qui la necessità di abbattere l’impronta di carbonio del settore che attualmente pesa sul settore siderurgico tradizionale per il 7% del carbonio rilasciato a livello mondiale.

Con il progetto Hybrit si vuole sperimentare la possibilità di creare la prima acciaieria a idrogeno al mondo, sostituendo gli altiforni per la fusione del minerale con un sistema di riduzione diretta del ferro a zero emissioni di CO2, oltretutto riducendo grandemente le movimentazioni dei materiali impiegati nel ciclo, visto che nel caso della Svezia il carbon coke proviene dall’Australia con notevoli emissioni inquinanti legati anche al suo trasporto. Con Hybrit e l’utilizzo di idrogeno prodotto per elettrolisi da fonti rinnovabili le emissioni complessive non sarebbero altro che vapor acqueo.

Il progetto prevede due fasi. La prima, sperimentale della durata fino al 2024, concerne la realizzazione dell’impianto pilota con una capacità di riduzione del ferro di circa 1-2 tonnellate all’ora. Dal 2025, i tre partner intendono passare alla fase industriale vera e propria, con la realizzazione di un’acciaieria a idrogeno operativa 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e con una capacità di mezzo milione di tonnellate all’anno. Una taglia piccola, sostanzialmente dimostrativa, ma che potrà essere portata su scala maggiore una volta risolte tutte le problematiche sperimentali.

Nel campo non si muove solo la Svezia: anche in Austria a Linz, nell’ambito del progetto europeo “H2Future”, Voestalpine Ag, Siemens, Verbund, Austrian Power Grid, K1-MET ed ECN, si sono accordate per la creazione del più grande impianto di produzione di idrogeno alimentata da energie rinnovabili. Con una capacità di 6 mW, l’impianto potrà produrre 1.200metri cubi di idrogeno all’ora con un’efficienza di produzione dell’80% grazie ad una nuova tecnologia Pem (Mmembrana a scambio di protoni), tale da ridurre il ricorso al carbon coke nella produzione di acciaio.

E in Italia? Ci si balocca ancora attorno al come e quando coprire i siti di stoccaggio del carbon coke dell’acciaieria di Taranto, accusati di inquinare mezza città quando il vento soffia. Anche lì, invece di continuare sulla vecchia strada buttando palate di miliardi di euro, varrebbe la pena battere nuove strade, capaci di coniugare la manifattura all’ambiente, oltretutto sfruttando le fonti rinnovabili che nel sud Italia non difettano affatto.