In questo periodo, il mercato delle criptovalute sta mostrando tutta la sua volatilità. Attualmente, il valore del Bitcoin si mantiene attorno ai 67.000 dollari, mentre le altre criptovalute mostrano segnali di sofferenza. Nonostante ciò, continuano imperterrite le discussioni riguardanti l’ecosostenibilità delle criptovalute.
L’attività di mining delle criptovalute, un processo fondamentale per convalidare le transazioni e coniare nuove monete digitali, è da sempre oggetto di crescenti critiche a causa del suo considerevole consumo energetico.
Questo però non riguarda tutte le criptovalute, ma in particolare quelle come Bitcoin che sfruttano dei meccanismi ad alta intensità energetica per l’emissione. Il meccanismo di consenso “Proof of Work” (PoW) è il principale algoritmo oggetto di critiche. Il PoW, pur garantendo una solida sicurezza alla rete, richiede una notevole potenza di calcolo, con conseguente aumento del consumo energetico.
Ma perché questo algoritmo consuma tanta energia? L’algoritmo PoW regola il tempo di produzione dei blocchi di Bitcoin a una media di dieci minuti, regolando la difficoltà di mining in base all’hashrate della rete. Più minatori competono per risolvere i puzzle crittografici ed estrarre nuovi blocchi, maggiore è la potenza di calcolo richiesta, con conseguente aumento del consumo d’energia.
Ed è così che oggi il mining di Bitcoin è principalmente oggetto di attività industriale e richiede notevoli quantitativi di energia.
Non è sempre stato così però. Inizialmente, il mining di Bitcoin era accessibile a singoli utenti che utilizzavano dispositivi standard, come ad esempio normali computer domestici. Tuttavia, l’evoluzione della rete ha alimentato un aumento esponenziale della difficoltà di mining e, di conseguenza, i requisiti per dedicarsi all’estrazione di BTC.
Oggi, il mining richiede circuiti integrati specifici per le applicazioni (ASIC) e avviene prevalentemente all’interno di strutture su scala industriale o centri dati. Questi dispositivi possono raggiungere il prezzo di migliaia di dollari e svolgono esclusivamente delle funzioni matematiche volte ad indovinare l’hash necessario alla convalida di un blocco.
L’impatto ambientale delle criptovalute
Dato il crescente valore di BTC e la conseguente crescita del network, l’impennata del consumo energetico ha scatenato dibattiti sulle sue implicazioni ambientali. Le stime suggeriscono un’impennata significativa nell’uso di energia del Bitcoin dal picco del mercato nel 2022, parallelamente alle preoccupazioni sulla sua impronta di carbonio.
La delocalizzazione delle operazioni di estrazione, innescata principalmente dal divieto di estrazione imposto dalla Cina nel 2021, ha suscitato impatti ambientali contrastanti. Mentre l’utilizzo dell’energia idroelettrica da parte della Cina aveva parzialmente mitigato le preoccupazioni ambientali, le attività estrattive in Paesi come il Kazakistan, spesso dipendenti dall’energia prodotta dal carbone, le hanno amplificate.
Nonostante le iniziative del Bitcoin Mining Council indichino che una parte sostanziale dell’energia provenga da fonti sostenibili, permangono preoccupazioni riguardo al più ampio impatto ecologico dell’intero settore del mining di criptovalute.
Verso pratiche di estrazione delle criptovalute sostenibili
La ricerca della sostenibilità nell’estrazione delle criptovalute passa attraverso numerosi percorsi, ognuno dei quali è carico di sfide e opportunità. La transizione verso fonti di energia rinnovabili emerge come un pilastro fondamentale per un panorama più verde. Tuttavia, questa impresa presenta molteplici ostacoli, richiedendo una revisione colossale dell’infrastruttura energetica della rete decentralizzata.
Sebbene le energie rinnovabili rappresentino una soluzione promettente, la loro adozione su larga scala richiede il coordinamento di un ecosistema minerario frammentato, spesso al di fuori del controllo delle singole entità. Questa transizione richiede uno sforzo concertato, che allinei gli operatori del settore, i governi e i fornitori di energia verso una visione condivisa di pratiche minerarie sostenibili.
I paesi che hanno nel loro territorio dei vulcani, invece, guardano a BTC come una grande opportunità per sfruttare l’energia geotermica. Ad esempio, El Salvador ha recentemente avviato un progetto (Volcano Energy) che ha l’obiettivo di sfruttare i numerosi vulcani del paese per estrarre Bitcoin e finanziare così progetti dedicati allo sviluppo del territorio. Vista l’abbondanza di vulcani in tutta l’America Centrale, è possibile che ad El Salvador seguiranno altre nazioni.
Esplorare le alternative: L’evoluzione oltre la prova di lavoro (PoW)
Nonostante l’attenzione dei media in questa fase sia principalmente legata ai movimenti di mercato delle criptovalute, gli sviluppatori continuano ad esplorare meccanismi di consenso alternativi, con l’obiettivo di ridurre il consumo energetico mantenendo la sicurezza e la decentralizzazione. Una delle alternative principali ad oggi resta la “Proof of Stake” (PoS).
A differenza di PoW, la PoS opera sulla base di validatori che puntano le loro monete come garanzia per convalidare le transazioni e creare nuovi blocchi. Questo modello di consenso elimina il processo di mining, che richiede molte risorse, riducendo in modo significativo i consumi energetici. La monumentale transizione di Ethereum da PoW a PoS in seguito all’aggiornamento del 2022, noto come “Merge”, ha mostrato il suo potenziale, abbattendo il consumo di energia di un impressionante 99,9%.
Oltre a PoS, diversi protocolli di consenso vantano una migliore efficienza energetica. Questi modelli, che vanno dalla Delegated Proof of Stake (DPoS) ai Directed Acyclic Graphs (DAG), rappresentano alternative promettenti con impatto ambientale notevolmente inferiore rispetto a PoW.
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