Consumi degli italiani sempre più a stecchino, con la popolazione che fa i conti con l’inflazione con la conseguenza di trovarsi a spendere di più per comprare di meno, costretti a tagliare a tutto tondo, alimentazione compresa, per quadrare i bilanci familiari.
L’Istat certifica come sia proprio l’impatto dei rincari a imprimere un peggioramento delle vendite al dettaglioche allarma i produttori. A marzo si è registrata una variazione nulla in termini di valore, mentre quella in volume è in flessione dello 0,3% rispetto al mese precedente. E colpisce che per i beni alimentari il calo in volume sia più forte rispetto ai generi non alimentari con un -0,7% contro un -0,1%.
La corsa dei prezzi è ancora più evidente se si fa il raffronto con i dati di marzo 2022: in un anno le vendite al dettaglio risultano in aumento in valore del 5,8%, ma calano in volume del 2,9%. Andamenti di segno analogo si riscontrano sia per le vendite dei beni alimentari (+7,7% in valore e -4,9% in volume), sia per i non alimentari(+4,1% in valore e -1,3% in volume).
In controtendenza è ancora una volta il commercio elettronico con un incremento in valore del 10,3% rispetto a marzo dell’anno scorso, così come la grande distribuzione segna una crescita del 7,8%, battendo i negozi di quartiere e i minimarket (+3,5%), baluardo contro la desertificazione dei servizi di quartiere.
Le associazioni dei consumatori chiedono al governo misure anti-inflazione per sostenere i consumi degli italiani . Per il Codacons, «al netto dell’inflazione e considerata la spesa per consumi delle famiglie, gli acquisti calano in volume per complessivi 21,8 miliardi di euro annui, con una minore spesa pari in media di 848 euro a famiglia», chiedendo al governo di «intervenire con urgenza per calmierare i listini e salvare i bilanci delle famiglie».
Assoutenti punta sul caro-cibo e invoca un «decreto anti-inflazione» che includa il rafforzamento del Garante dei prezzi e un azzeramento dell’Iva sui generi di prima necessità. «Al netto dell’inflazione – calcola Assoutenti – la spesa alimentare degli italiani cala per 7,1 miliardi di euro su base annua, con una riduzione media di 377 euro se si considera un nucleo con due figli».
Per l’Adoc gli italiani «rinunciano ai generi di prima necessità, riducono la quantità di cibo nel carrello e fanno ricorso ai discount», auspicando che la convocazione della Commissione di allerta rapida sui prezzi, in programma l’11 maggio, sia «l’occasione per approfondire la dinamica inflazionistica che sta bruciando stipendi, pensioni e risparmi».
A chiedere l’intervento del governo per sostenere i consumi degli italiani sono anche le organizzazioni del commercio con Federdistribuzione che ritiene prioritario tutelare il potere d’acquisto alle famiglie per favorire «la ripresa della domanda interna e garantire stabilità alle nostre aziende e alle numerose filiere agroalimentari del “Made in Italy”».
Confcommercio rimarca come «la variazione tendenziale a volume del complesso delle vendite al dettaglio sia pari, nel primo quarto dell’anno in corso, a -3%. Il che non lascia del tutto tranquilli sulle prospettive a breve dell’economia italiana».
Per Confesercenti «il dato peggiore si registra per i piccoli negozi, con una stima che va oltre il -5% in tre mesi, sempre in volume».
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