Decreto “Lavoro”: a tre giorni dalla presentazione, il documento balla ancora

Non c’è certezza sulle cifre effettive del taglio delle tasse. Battibecco tra Meloni e Renzi su chi ha tagliato di più. La grave dimenticanza nel decreto del mondo del lavoro autonomo e d’impresa.

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Decreto “Lavoro”

Con il decretoLavoroannunciato il 1° maggio il governo di Giorgia Meloni sta prendendo una brutta piega, perché sta ricalcando la pessima abitudine dei governi immediatamente precedenti al suo di presentare come già fattoe finito un decreto legge che è ancora in alto mare, soggetto ancora alla bollinatura da parte della Ragioneria generale che potrebbe cambiare qualche scenario, oltre a non essere stato ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, tanto che le cifre annunciate dal governo e dal premier ballano ancora di parecchio.

Di fatto, a quel che è dato sapere, ci sarà un taglio di circa sette punti sulle tasse gravanti sui redditi lordi da lavoro dipendente fino a 25.000 euro, di sei punti su quelli compresi tra 25.001 e 35.000 euro, comportando un maggiore reddito variabile tra i 60 e i 100 euro al mese per il solo secondo semestre 2023. Un provvedimento a tempo, che il governo Meloni ha dichiarato di essere impegnato a rendere strutturale anche per gli anni a venire, ma si vedrà che piega prenderà la situazione finanziaria nei prossimi mesi, complice anche il rialzo dell’inflazione ad aprile che causerà non pochi problemi alla quadratura del bilancio dello Stato sia per l’anno in corso che per il 2024.

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Sul Decreto “Lavoro” aleggia anche il battibecco tra Giorgia Meloni e Matteo Renzi sulla dichiarazione fatta da Meloni che il suo è stato il maggiore taglio delle tasse gli ultimi governi, con Renzi che l’ha corretta sostenendo che il maggiore taglio sia stato il suo, quello della mancetta degli 80 euro proprio sotto elezioni europee, cosa che gli valse un fortissimo successo elettorale.

Il problema della quadratura dei conti è messo a rischio dal maggiore fabbisogno per la gestione dei 2.800 miliardi di debito pubblico nazionale, che nel 2023 dovrebbero assorbire circa 100 miliardi di euro, cui vanno aggiunti altri 30 miliardi circa per l’indicizzazione obbligatoria delle pensioni. Ci sarebbe poi la spesa che riguarda l’adeguamento dei salari del pubblico impiego, con i sindacati di settore che scalpitano per coprire gran parte l’aumento del costo della vita, cosa che significherebbe una spesa di altri 40 miliardi circa.

A ballare sui conti pubblici c’è anche la questione dei prestiti pandemici garantiti dallo Stato erogati alle impresedove “ballano” circa 300 miliardi che molte realtà iniziano ad avere difficoltà ad onorare, con il rischio che gliinsoluti si trasformino direttamente in nuovo debito pubblico, con il conseguente rischio di proiettare il debito nazionale oltre la soglia dei 3.000 miliardi, con fortissimi problemi di sostenibilità specie agli occhi delle agenzie di rating internazionali, che hanno già fatto sapere di valutare attentamente la sostenibilità del debito pubblico italianoche gravita solo uno o due gradini sopra il livello di inaffidabilità, con tutto quel che ne consegue.

Mentre si attende di leggere il testo definitivo del decretoLavoro”, da più parti si sottolinea come il governo Meloni, il primo della storia repubblicana con una maggioranza di centro destra, continui nel solco storico di garantire i soggetti già garantiti, i lavoratori dipendenti, mentre contenga poco o nulla verso quei cinque milioni di cittadiniitaliani che hanno la colpa di intraprendere, di lavorare autonomamente, di svolgere una professione intellettuale. Per tutti costoro, che non sono ancora riusciti a superare la gravissima crisi della pandemia con il governo Conte che li ha fatti fermare per legge senza offrire loro alcun sostegno economico reale, il governo Meloni non ha ancora fatto nulla, se non l’innalzamento della soglia della tassa piatta, che riguarda solo una ristretta platea di contribuenti.

Non c’è ancora nulla di concreto per l’abbassamento di una tassazione che sul lavoro autonomo supera il 50% di esproprio, di una burocrazia assassina, del taglio della spesa pubblica improduttiva e altro ancora. Una dimenticanzadavvero grave visto che una buona parte del successo elettorale di Meloni & C. è arrivato proprio da questa parte del Paese produttivo.

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