Pil Italia meglio del previsto: già acquisito un +0,8% per il 2023

Tira anche il fatturato dell’industria a febbraio (+1,3%). Male la Germania che sconta un’economia stagnante.

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Secondo le rilevazioni dell’Istat, il Pil Italia del primo trimestre 2023 va meglio del previsto (+0,5% sul trimestre precedente) e con un dato tendenziale ancora più lusinghiero (+1,8%), mentre la variazione già acquisita per il 2023 (quella che si otterrebbe se nei prossimi trimestri la variazione del Pil fosse nulla) è già al +0,8%, cioè poco sotto le stime indicate dal governo nel Def per tutto l’anno.

Le previsioni per il 2023 contenute nel Documento di economia e finanza sono +0,9% nel quadro tendenziale (cioè a politiche invariate) e +1% in quello programmatico (che tiene conto delle misure che l’esecutivo intende adottare).

A supportare la crescita del Pil Italia anche il fatturato dell’industria che, dopo il lieve arretramento di gennaio, a febbraio 2023, al netto dei fattori stagionali, torna a crescere in termini congiunturali, segnando un +1,3% e con un maggiore dinamismo della componente interna rispetto a quella estera.

Corretto per gli effetti di calendario, secondo l’Istat il fatturato totale cresce in termini tendenziali del 7,2%. Nel trimestre dicembre 2022-febbraio 2023 l’indice complessivo è cresciuto dello 0,6% rispetto al trimestre precedente (+1,0% sul mercato interno e -0,4% su quello estero).

Allargando lo sguardo all’Euroarea, a trainare l’economia complessiva, con l’Italia in testa, sono i paesi storicamentecicale”, quelli mediterranei ad alto debito e bassa crescita, mentre le “formiche” come la Germania rallentano fino a calare dello 0,1% nel primo trimestre 2023. Di fatto, secondo Eurostat, son proprio i paesi più deboli a salvare dalla temuta recessione l’Euroarea, portando il risultato in area positiva, +0,1%.

Tornando all’Italia, tocca al governo Meloni consolidare e, magari, ampliare la ripresa sostenendo le capacità di spesa di famiglie e imprese tagliando gli sprechi per allargare il più possibile il taglio dell’eccessivo peso fiscale, specie su quella fascia di contribuenti su cui oggi grava il maggiore peso delle tasse.

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