Ancora una prova di cattiva politica da parte dei partiti, questa volta due di quelli di maggioranza del governo Meloni, Lega Salvini premier e Forza Italia, che nella corsa ad imbottire il decreto “Milleproroghe” di tutto e il suo contrario nel corso della conversione in legge non hanno resistito alla tentazione preelettorale di inserire tra le regalie anche l’ennesima proroga delle concessioni balneari, ciò in spregio frontale ad una sentenza del Consiglio di Stato e delle norme europee inattuate dall’Italia a far data dal 2006.
Un fatto che non è passato inosservato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, ad un passo della restituzione al mittente della legge appena approvata per una doverosa rivisitazione, ha promulgato con la riserva di un impegno ad una rapida rivisitazione della norma sui balneari da parte del Parlamento, evidenziando come troppi esponenti politici siano poco consci dell’ABC della corretta politica e del rispetto dei poteri dello Stato, che vanno osservati anche quando emettono provvedimenti indigesti, pena l’anarchia.
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Ora, concesso che lo Stato nella gestione dei propri beni si è comportato da cattivo padre di famiglia, trascurando la corretta messa a redditività a favore di tutta la collettività trasformando di fatto la fruizione di un bene pubblico da parte di pochi privati in una sorta di “graziosa” regalia di Stato, non è più possibile procedere con il vecchioandazzo. Serve una decisa svolta, come quella impressa dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha imposto al governo l’obbligo di indire le gare per le nuove concessioni balneari.
Gare che dovrebbero fare finalmente cessare lo scandalo per cui, a fronte di un fatturato del settore di oltre 2 miliardi di euro all’anno, con fatturati medi dei singoli titolari di 30.000 concessioni balneari variabili tra i 100.000 e i 200.000 euro all’anno, per di più incassati solo in circa 5 mesi, lo Stato incassa solo 100 milioni di euro, con un gettito medio a concessione di poco più di 3.700 euro all’anno. Decisamente troppo poco.
A coloro che si stracciano le vesti denunciando come l’indizione delle gare faciliterà la perdita di posti di lavoro e l’arrivo di grandi gestori europei, si può rispondere che difficilmente i posti di lavoro verranno persi, perché la gestione dei bagni comporta l’utilizzo di personale difficilmente sostituibile da altre forme di esecuzione. Poi, se il settore rende mediamente così poco, sempre che sia realmente vero, non si vede perché i concessionari uscenti dovrebbero allarmarsi, visto che in gioco ci sarebbe poca “ciccia” tale da attrarre i grandi investitori esteri.
Ai politici che criticano i meccanismi della direttiva Bolkestein che impone le gare pubbliche per l’assegnazione in gestione e uso di beni pubblici, oltre che ricordare loro che rendono un cattivo servizio alla Repubblica e a gran parte dei loro elettori, si evidenzia che l’erogazione dei fondi del Pnrr da parte dell’Unione europea è soggetta a continui controlli sull’applicazione delle riforme italiane, tra cui c’è la liberalizzazione e la concorrenza. Sempre che il forzista Maurizio Gasparri, il leghista Matteo Salvini e il ministro al Turismo di Fratelli d’Italia, Daniela Santanché, per proteggere i titolari delle concessioni balneari che fatturano 2 miliardi e che rendono allo Stato 100 milioni preferiscano rinunciare al proseguimento dell’erogazione delle quote residue del Pnrr (ciascuna da 20 miliardi di euro circa!), oltre ad esporre l’Italia all’ennesima procedura d’infrazione delle norme europee (e per la Spagna sempre in tema di concessioni balneari la Commissione è appena intervenuta), con le multe del caso e gli obblighi di adempiere comunque.
Ne vale la pena? Secondo lo Schiacciasassi no.
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