A settembre -6,8% i prestiti alle imprese a Padova (Italia -7,5%). Lo stock di finanziamenti a 16 miliardi, quasi 2 miliardi meno rispetto a settembre 2008 (-9,2%), prima della crisi.
“Serve uno choc positivo a sostegno dell’economia reale. Un nuovo patto tra imprese, istituti di credito e professionisti che metta in campo soluzioni concrete, praticabili e immediate per fare affluire liquidità alle imprese sane.
È la condizione per spezzare la spirale crisi economica, crisi di liquidità e provare a svoltare. Se non c’è liquidità la tenuta del sistema è a rischio ed è difficile che le imprese tornino a investire”. È l’appello lanciato da Confindustria Padova attraverso il delegato al credito e finanza, Mario Ravagnan dal convegno dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Padova, svoltosi nella Sala Convegni di Intesa Sanpaolo a Sarmeola di Rubano (Pd).
La fotografia del corto circuito tra crisi economica e crisi di liquidità sta nei numeri che Banca d’Italia diffonde mensilmente. A settembre i prestiti alle imprese in Italia sono diminuiti su base annua per il diciassettesimo mese consecutivo (-7,5%). A Padova la frenata è stata analoga (-6,8%).
Volgendo lo sguardo a prima della crisi, la distanza si allarga. A settembre 2008, prima della crisi, lo stock di finanziamenti alle imprese padovane era di 18 miliardi di euro, a settembre 2013 si è ridotto a poco più di 16 miliardi (-9,2%). Quasi 2 miliardi di impieghi evaporati. La riduzione colpisce soprattutto il manifatturiero (-12,4%) e le imprese con meno di 20 addetti (-11,7%).
“Manca domanda e manca liquidità – afferma Ravagnan -. Il peggioramento delle condizioni di offerta del credito è diventato un gravissimo problema, che pesa su imprese già provate dalla recessione. Quanto ancora possiamo resistere?”.
Sistema bancario, sistema produttivo e decisore pubblico sono legati a filo doppio sulla strada verso la ripresa, che dipende dalla capacità di finanziare le aziende sane e favorirne l’evoluzione finanziaria, dipendente per il 92% dal credito bancario. Un riequilibrio che, per Ravagnan, deve iniziare dal rafforzamento patrimoniale delle imprese e da un salto culturale, in termini di visione, cultura finanziaria, trasparenza. “Occorre definire le basi di un nuovo dialogo con le banche – insiste Ravagnan -. Gli obiettivi sono chiari: evitare l’uso meccanico dei modelli di rating e sviluppare la loro componente qualitativa, migliorare la comunicazione finanziaria. Alle banche chiediamo la capacità di ‘leggere’ il potenziale di crescita di un’azienda, capacità che si è indebolita durante la crisi e che va pienamente recuperata. Significa andare in azienda, respirarne l’aria, visitare i reparti, conoscere i prodotti e i mercati, ‘leggere’ il potenziale di crescita delle nostre imprese. Vuol dire anche usare forme di finanziamento ancora poco utilizzate, come il factoring, o alternative al credito bancario come i minibond, rendendoli accessibili ad aziende medie e piccole. Da parte nostra, dobbiamo far crescere la cultura finanziaria nelle nostre aziende, renderle sempre più trasparenti, capaci di presentare con professionalità agli istituti la propria idea di business”.