Il Governo Letta chiede nuovi soldi a coloro che non riesce a pagare. Aumenta per le imprese il rischio di mancanza di liquidità
Probabilmente, non hanno tutti i torti coloro che chiedono la testa del ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni, reo di combinare pasticci a ripetizione nella formulazione dei conti dello Stato e dei rimedi per la copertura dei vari buchi che si creano a ripetizione nei bilanci del Belpaese.
Con l’aumento degli acconti Ires e Irap dal 101 al 102,5% entro il prossimo 10 dicembre deliberati per coprire il mancato gettito della sanatoria delle società concessionarie attive nei giochi che doveva andare a coprire la cancellazione della prima rata dell’Imu, ogni società di capitale dovrà versare, rispetto al 2012, un maggiore acconto medio di poco superiore ai 1.200 euro. Un ritocco, l’ennesimo, che si aggiunge ad un ulteriore aumento di un punto percentuale che è stato approvato nel giugno di quest’anno.
“E’ vero che gli aumenti degli acconti Ires e Irap altro non sono che una anticipazione e non un incremento di tassazione – dichiara il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi – Tuttavia, in una fase economica così difficile e caratterizzata da scarsa liquidità, chiedere un ulteriore sforzo alle imprese è un errore”.
Secondo la Cgia, l’incremento degli acconti dal 100 al 102,5% costringerà le società di capitali a pagare un miliardo di euro in più. Se la cifra media chiesta in più ad ogni azienda non è ingentissima, ciò che è grave è il sapore di beffa e di scherno che il Governo getta sulle imprese, gravate oltremodo da una burocrazia pubblica sempre più inefficiente e dal mancato rispetto degli impegni presi solennemente proprio dallo stesso Letta. Questo provvedimento va a colpire con una maggiore richiesta di pagamenti proprio coloro che da anni si vedono non soddisfatte le legittime aspettative di vedersi pagate le prestazioni fornite alla pubblica amministrazione. “Oltre al danno la beffa” chiosa amaro Bortolussi