A quasi 11 mesi dalle elezioni di ottobre 2023 per il rinnovo del Consiglio provinciale di Trento, la politica trentina è in decisa fibrillazione, sia nel centro destra che di centro sinistra, entrambe alla disperata ricerca di alleanze e, soprattutto, di leader spendibili per la guida dell’Autonomia speciale.
La legislatura corrente retta dalla prima maggioranza a guida Lega Salvini premier non habrillato, complice i forti limiti personali dell’attuale presidente, il leghista Maurizio Fugatti, che non ha saputo tesaurizzare nei suoi quattro anni di governo i successi elettorali del 2018 incassati più per l’onda favorevole del leader nazionale Matteo Salvini che per la capacità della classe dirigente locale. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: autonomia speciale incartata, continui conflitti con tutti i gradi della giurisdizione, incapacità di visione strategica degli investimenti, politica semprea rimorchio degli eventi, palese incapacità gestionale degli assessori scelti con il criterio della fiducia nei confronti del leader locale piuttosto che di quelli della capacità e della competenza.
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Fugatti punta alla riconferma alla guida della coalizione – cosa decisamente poco sicura, visto che Fratelli d’Italia intende capitalizzare il suo netto successo alle politiche 2022 che l’hanno vista più che doppiare la Lega – ma il successo nelle urne non è affatto scontato: anzi, la candidatura di Fugatti potrebbe essere la migliore garanzia per riportare il centro sinistra alla guidadell’Autonomia speciale del Trentino.
Sul fronte del centro sinistra le cose non vanno sicuramente meglio, con il Pd nel travaglio degli equilibri interni e del rinvio della celebrazione del congresso locale, rimandato con un notevole salto in lungo a dopo le elezioni provinciali del 2023, oltre che nell’individuazione di u candidato leader capace di tessere alleanze per consolidare e allargare la coalizione che rischia di presentarsi in ordine sparso.
Non sta meglio il polo autonomista, con lo storico Patt ormai in liquidazione, passato in quattro anni da una pattuglia di 4 consiglieri a uno solo, con i tre che hanno progressivamente abbandonato in contrasto con la linea politica del nuovo corso della segreteria politica.
Si vedrà se i piccoli partiti di area centrista autonomista avranno la forza – e il coraggio politico – di fare sintesi e di presentarsi unitariamente: se lo facessero, potrebbero facilmente creare un polodi 10-15% di consensi che potrebbe ergersi ad ago della bilancia tra i due schieramenti principalie, magari, esprimere pure il prossimo timoniere dell’Autonomia speciale.
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