Lo stile di vita e fattori casuali o genetici sono le cause principali nello sviluppo dei tumori, ma uno studio italiano mostra che la mortalità per tumore è maggiore soprattutto dove l’inquinamento ambientale è più elevato, anche se si tratta di zone in cui le abitudini di vita sono in genere più sane e le condizioni socio-economiche migliori.
Secondo lo studio, in Italia è Lodi la provincia con tasso di mortalità da tumore più alta nel decennio 2009-2018, seguita da Napoli, Bergamo, Pavia, Sondrio, Cremona, Gorizia, Caserta, Brescia e Piacenza. La prima provinciadel Centro Italia è Viterbo (XI posto), seguita da Roma (IIXX posto).
I risultati dello studio, condotto dalle università di Bologna e di Bari e dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), sono stati pubblicati su “Science of the Total Environment” per la parte analitica, mentre sulla rivista “Nature Scientific Data” sarà pubblicato l’intero dataset decennale con i tassi di mortalità tumorale per tutti i comuni italiani.
Per indagare l’impatto dell’inquinamento ambientale sui tumori, il gruppo di ricercatori ha analizzato attraverso metodi di intelligenza artificiale, su scala regionale e provinciali, le associazioni tra mortalità per cancro, fattori socio-economici e fonti di inquinamento ambientale (ad esempio industrie, pesticidi, inceneritori, traffico automobilistico). Ne è emerso che le regioni italiane con un tasso di mortalità per cancro relativamente alto sonocaratterizzate da un grado di inquinamento elevato, nonostante registrino una frequenza bassa di fattori di norma associati al rischio di cancro (sovrappeso e fumo, basso reddito, alto consumo di carne e basso consumo di frutta e verdura).
Lo studio ha evidenziato come la qualità dell’aria è risultata al primo posto per associazione con il tasso mediodi mortalità per cancro. Seguono la presenza di siti da bonificare, le aree urbane, la densità dei veicoli a motoree i pesticidi.
Alcune specifiche fonti ambientali di inquinamento si sono rivelate significative per la mortalità di alcuni tumori, ad esempio la presenza di aree coltivate associate alla mortalità per tumori al tratto gastrointestinale, la vicinanza a strade e acciaierie per il cancro alla vescica, le attività industriali in aree urbane per il tumore alla prostata e i linfomi, etc.
«Questi risultati non mettono in discussione il fatto che uno stile di vita più sano aiuti a ridurre il rischio di cancro», precisa Roberto Cazzolla Gatti, professore al Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Bologna e primo autore dello studio. Tuttavia spiegherebbero il motivo per cui «abbiamo osservato che le persone che vivono nelle regioni del Nord Italia (in particolare quelle situate nella Pianura Padana, tra la Lombardia e il Veneto, aree fortemente industrializzate), esposte a livelli di inquinamento ambientale molto elevati, mostrano un eccesso di mortalità per cancro significativo rispetto a chi vive nelle regioni centro-meridionali (ad eccezione di alcune località anch’esse molto inquinate, come la Terra dei Fuochi in Campania), anche se godono di una migliore salute, hanno reddito più elevato, consumano più alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale, e hanno accesso più facile all’assistenza sanitaria». Per Cazzola Gatti «in un’ottica di salute globale, secondo l’approccio noto come “One Health”, è ormai chiaro che la qualità della vita della nostra specie dipende strettamente da quella dell’ambiente in cui viviamo e dell’intero pianeta».
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