Il settore distillatorio italiano sta affrontando le criticità che stanno attraversando tutti i mercati: in occasione dell’assemblea annuale di AssoDistil, l’associazione che rappresenta oltre 60 distillerie industriali, pari al 95%della produzione nazionale di acquaviti e di alcol etilico prodotto da materie prime agricole, si è cercato di ragionare sulle prospettive future del settore.
Secondo i dati di Format Research, la metà delle imprese del settore lamenta un incremento dei prezzi e servizidi energia elettrica e gas superiore al 40% accanto all’aumento dei costi delle materie prime per cui un’impresa su quattro ha registrato rincari superiori al 20%. Per fronteggiare l’effetto dei rincari l’86% delle imprese dei distillati hanno rivisto o prevedono di rivedere al rialzo i prezzi praticati, mentre l’80% di questa ha valutato o sta valutando nuovi fornitori.
«Il settore distillatorio si è contraddistinto in questi anni per lungimiranza e strategia. Due caratteristiche che lo hanno portato ad essere un comparto solido e competitivo in un mercato globale – commenta Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil -. Per riuscire a superare questa crisi economica ed energetica però non bastano le idee, servono fatti. Auspichiamo che il nuovo Governo che si insedierà nelle prossime settimane non adotti meccanismi di ulteriore inasprimento dell’imposizione fiscale sugli spiriti, onde evitare un altro colpo al settore già in forte difficoltà per la difficile congiuntura economica».
Tra le battaglie portate avanti da AssoDistil nel corso dell’anno vi è quella relativa alla diffusione del bioetanolo in Italia. Il recepimento della direttiva sulle fonti rinnovabili REDII – che prevede che i fornitori di benzina, diesel e metano di conseguire entro il 2030 una quota pari al 16% di fonti rinnovabili sul totale di carburanti immessi a consumo – ha rappresentato una tappa importante per lo sviluppo dei biocarburanti e in particolar modo per il bioetanolo avanzato, un biocarburante 100% rinnovabile che consente di ridurre le emissioni di almeno il 75% rispetto ai carburanti fossili.
AssoDistil ha stimato che l’impatto potenziale di produzione del bioetanolo necessario in Italia entro il 2030potrebbe generare 46.000 nuovi posti di lavoro tra industria e filiera agricola italiana, grazie anche alla realizzazione di almeno 15 nuovi impianti.
La virtuosità del settore distillatorio si misura anche dalle numerose e crescenti iniziative tese a produrre energiarinnovabile a partire dai residui e dagli scarti di produzione. Secondo i dati forniti da Format research il 73% delle imprese distillatorie ritiene importante essere percepito come sostenibile. Molte imprese del settore hanno saggiamente investito negli anni in impianti di produzione e biogas.
Nel caso della filiera vitivinicola le distillerie ritirano ogni anno circa oltre 700.000 tonnellate di vinacce e oltre200.000 tonnellate di fecce, sottoprodotti delle cantine, valorizzandoli e sgravando i produttori di vino da oneridi smaltimento molto pesanti, ed evitando le emissioni di circa 500.000 tonnellate di CO2 all’anno. La valorizzazione dei residui di lavorazione, che vengono convertiti infine in biogas, rende il processo di distillazionerealmente circolare dove le materie prime agricole possono essere trasformate in prodotti a valore aggiunto ed energia verde, e ritornano in campo alla fine del processo sotto forma di ammendanti, compost e fertilizzanti.
Durante i lavori sono stati presentati alcuni dati relativi alla produzione nazionale italiana di acido tartarico naturale. Nel 2021 la produzione italiana di acido tartarico naturale è stata di 16.300 tonnellate, in linea con il trend degli ultimi anni riconfermando l’Italia quale leader mondiale. Una leadership che deve fare però i conti con l’acido tartarico sintetico cinese: nel mondo nel 2020 le esportazioni hanno raggiunto un volume di 48.000 tonnellate con l’Europa che resta il principale Paese destinatario con una quota preponderante del 32%. La forte esposizione dell’UE all’import di acido tartarico dalla Cina – senza adeguati meccanismi che permettono di distinguere tra i due prodotti – mette a rischio la competitività delle imprese italiane che producono acidoesclusivamente di origine naturale. Allo scopo di difendere la competitività dei produttori nazionali di acido tartarico naturale, Assodistil sta lavorando per il riconoscimento a livello normativo della differenziazione tra i due prodotti, essenziale alla tutela dei consumatori e per la corretta coesistenza sul mercato delle due tipologie di acidi.
Il mercato della grappa mostri luci ed ombre, per effetto di andamenti differenti fra i diversi canali di consumo. Un segnale positivo proviene dall’aumento dei volumi esportati, con un incremento a valore superiore di quello a volume che dimostra un aumento dell’immagine del valore percepito per la Grappa dai consumatori esteri.
Con riferimento alla distribuzione moderna nazionale, nei primi sei mesi 2022 si assiste, invece, a una diminuzione delle vendite di grappa del 7% in valore rispetto al primo semestre del 2021 (fonte: NielsenIQ). La contrazione colpisce anche il canale dell’e-commerce con una diminuzione dei valori venduti del 15%. In entrambi i casi si tratta di dinamiche che sono trasversali all’intero comparto beverage: nel medesimo periodo si riducono infatti anche le vendite in GDO di vino (-6%) e spiriti (-3%).
La riduzione degli acquisti di grappa nel canale retail (fisico ed online) – oltre ad esser influenzata all’attuale congiuntura – è da ricondurre in primis alla forte ripresa dei consumi nell’Ho.re.ca., canale strategico per il settore e da dove prima della pandemia passavano più della metà dei consumi di spiriti italiani. A conferma di ciò, nei primi 6 mesi del 2022 le vendite nel canale Cash&Carry – format distributivo nel quale si riforniscono ristoranti e bar e che dunque può esser considerato una proxy delle tendenze del canale Ho.re.ca. – hanno registrato una crescita di ben il 31% rispetto al 2021.
Segnali positivi per AssoDistil arrivano invece dall’export. Continua la corsa della Grappa sui mercati esteri. Nel I semestre del 2022 l’export di Grappa ha fatto registrare 28 milioni di euro vs i 24 milioni dei primi 6 mesi del 2021 che si traduce in +17% in valore e +9% in volume. Tra i mercati internazionali che apprezzano di più la grappa vi è la Germaniache da sola concentra ben il 59% dell’export di settore.
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