Il mondo sindacale è sempre meno attento ai problemi reali dei lavoratori per abbracciare quelli dei pensionati che stanno diventando la base di riferimento più importante, specie per la Cgil e la Cisl, rispettivamente il 50% e il 40% degli iscritti, contro il 25% della Uil, e i risultati si vendono tutti, con le politiche del lavoro ridotte al lumicino, tanto che quella Repubblica fondata sul lavoro citata all’articolo 1 della Costituzione, ormai dovrebbe essere aggiornato in “fondata sul reddito di cittadinanza e sul lavoro altrui”. Sempre che ci sia qualcuno che lavora.
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Il cambio di riferimento dei due sindacati maggiori è anche dovuto ad una mera questione di numeri, sia di iscritti che, soprattutto, dei numeri “sonanti”, ovvero degli incassi che i sindacati riescono a introitare per i loro servizi svolti attraverso i Caf, i Centri di assistenza fiscale, e i patronati, entrambi due autentiche miniere d’oro per le organizzazioni dei fu lavoratori, oltretutto gestiti con poca trasparenza, essendo i sindacati delle associazioni non riconosciute e come tali non soggette alla pubblicazione dei loro bilanci (lo sono invece Caf e patronati).
Di fatto, i più di cinque milioni di pensionati per il tramite di Caf e patronati vari fruttano ai sindacati cifre ragguardevoli, pagate parzialmente dai cittadini che chiedono servizi non gratuiti, ma per quasi la totalità pagate dallo Stato. Per svolgere l’assistenza fiscale i Caf ricevono dallo Stato di quasi 237 milioni di euro all’anno. La musica non cambia sul versante dei patronati: qui la stesura di pratiche previdenziali a favore di lavoratori e pensionati è rimborsata dallo Stato con cifre variabili da 35 a 175 euro a seconda della tipologia della pratica svolta. Il finanziamento dei patronati avviene tramite una percentuale dello 0,199% del gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati attraverso l’Inps, l’Inail, Inpdap e Ipsema, valutabile in circa 420 milioni di euro all’anno.
Di fatto a Caf e patronati, cinghie di trasmissione dei mondo sindacale, vanno ogni anno la bellezza di circa 650 milioni di euro, cui vanno aggiunte le entrate per le prestazioni a pagamento erogate ai cittadini. Emerge in tutt’evidenza un’amara conclusione: Caf e patronati intervengono per ovviare alle manchevolezze della farraginosa amministrazione statale che dovrebbe essere chiamata in prima persona a modernizzarsi e a rendersi più efficiente, tale da non costringere i cittadini a pagare due volte, prima con le tasse e poi a Caf e patronati, i servizi richiesti. Ma su quest’ingiusta e odiosa inefficienza c’è il silenzio di tomba da parte dei sindacati, timorosi di perdere le loro cospicue entrate.
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