A Verona è accaduto tutto ciò che avevo previsto nei sondaggi che avevo elaborato a 10 giorni dal ballottaggio, (vedi il post allegato), previsioni che mi hanno procurato diversi insulti da parte di politici del centro destra, sia nazionali che locali, non solo veronesi, i quali si dicevano certi della vittoria del sindaco uscente Federico Sboarina al ballottaggio, applicando una regola della sommatoria matematica: i due candidati del centro destra (il sindaco uscente Sboarina e l’ex primo cittadino Tosi) insieme avevano preso il 57% al primo turno, indi per cui la vittoria al ballottaggio era scontata!
Peccato che in politica, due più due non sempre faccia quattro, e gli elettori veronesi anche questa volta lo hanno dimostrato, complice l’espresso invito di Tosi, per il mancato apparentamento con Sboarina, ad andare al mare,monti o laghi.
Dai primi calcoli dei flussi di voto che ho elaborato, risulta che al ballottaggio gli elettori dell’ex sindaco Tosi per un 53% siano rimasti a casa, un 32% abbia votato Sboarina, 3% scheda nulla, ed il rimanente 10% sembra, che addirittura sia andato a votare per l’esponente del centro sinistra Tommasi. Di qui la conseguenza: i veronesi volevanodare un segnale forte di disgusto verso questo modo spartitorio di fare politica che ricorda più le faide di altri tempi, come quella tra Montecchi e Capuleti, che non la moderna guida della seconda città del Veneto e uno dei principali snodi economici del Nord Italia.
Giusto per capire, il risultato di ieri è stato costruito a tavolino, o quasi: Zaia ha messo il veto a Tosi per le vecchie e insepolte ruggini tra i due e Salvini ha trattato con la Meloni la spartizione dei candidati, con Sboarina a Verona per FdIe Francesco Peghin per la Lega a Padova (dove il Capitano è finito massacrato senz’appello al primo turno).
Il sindaco uscente di Verona Sboarina le ha tentate tutte, sbagliando clamorosamente la campagna elettorale: ha gridato al pericolo dei comunisti travestiti da candidati civici, si è appropriato delle parole bonarie del vescovo Giuseppe Zenti, paventando il rischio che la città diventi capitale dei gender e dei gay di tutta Italia, ha adombrato le paure borghesi per una possibile calata di extracomunitari con letti e materassi in piazza Bra.
Più intelligentemente e in modo defilato, Tommasi si è spogliato di tanti contenuti partitici, al punto di disertare gli incontri pubblici con Enrico Letta e Giuseppe Conte, pur incontrati in privato, per presentarsi con un’anima civica (un po’ come fece Stefano Bonaccini da candidato presidente in Emila Romagna levando il simbolo del PD dai manifesti e sbaragliando una resistibilissima e inadeguata candidata leghista fedelissima di Salvini, poi premiata con un improbabile sottosegretariato al ministero della Cultura: non male per una che ha dischiarato di non leggere libri…)
Una batosta non solo personale, ma anche di una classe dirigente locale che ha evidentemente fallito la prova dei precedenti cinque anni di amministrazione. Inoltre, un fallimento per l’alleanza di centrodestra azzoppata dal mancato appoggio di Forza Italia, che ha visto i partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini sonoramente battuti. Con una Forza Italia che ha sbagliato pure a concedere la tessera degli azzurri a Tosi proprio a ridosso dell’appuntamentoelettorale, raccogliendo su di sé anche parte del flop dell’ex leghista.
Questo è un esempio e deve diventare un monito per tutta la politica: gli elettori sono arrabbiati – e tanto! – e non tollerano più essere presi per i fondelli. Sono stanchi dei giochini di bassa lega (minuscolo!) di una politica buona solo a fare promesse in campagna elettorale ben sapendo di non volerle mantenere, spesso facendo esattamente il contrario del mandato ricevuto dagli elettori.
A Verona, come in tanti altri capoluoghi, dove il centro destra è stato battuto, i cittadini hanno servito il conto, evidenziando ancora una vota come certe segreterie abbiano esaurito il fiato e come sia una volta di più necessarial’apertura della fase congressuale a livello locale e nazionale per raddrizzare la strategia politica su una linea troppo rapidamente abiurata: Salvini, invece di marcare a corpo una Meloni ormai irraggiungibile per i minori errori di strategia fatti, farebbe meglio a prenderne atto e capire che lui non è più un segretario per tutte le stagioni.
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