Il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf di Milano ha eseguito un nuovo sequestro preventivo da circa 500.000 euro a carico di alcune sigle sindacali di Cisl e Uil in una seconda parte dell’inchiesta del pm Paolo Storari su una presunta truffa all’Inps attraverso un sistema di «indebita fruizione» dei distacchi sindacali non retribuiti. Il nuovo sequestro fa seguito a quello occorso a metà dicembre scorso con un altro sequestro da circa 600.000 euro aveva riguardato alcune sigle sempre della Cisl
La seconda parte dell’inchiesta giudiziaria ha fatto emergere un presunto sistema molto ampio venuto a galla in Lombardia con gli accertamenti che avevano già portato al primo sequestro del 15 dicembre disposto sempre dal gip Anna Calabi. Lo schema vede al centro presunti contratti “fittizi” stipulati tra aziende compiacenti e lavoratori, assunti solo sulla carta, con la presunta regia di sigle sindacali, che avrebbero tratto un doppio vantaggio: i finti dipendenti per almeno 6 mesi, ossia il periodo di prova, ricevevano lo stipendio dalle imprese, ma di fatto prestavano servizio per le associazioni sindacali, e poi venivano “distaccati” in “aspettativa sindacale non retribuita”. I lavoratori, “meri strumenti del meccanismo”, a quel punto non venivano pagati dalle società, ma dai sindacati, come prevede la legge, e i contributi previdenziali, però, venivano versati dall’Inps, ignaro di tutto, fatto da cui deriva la presunta truffa ai danni dell’istituto pensionistico.
Il primo sequestro sulla presunta truffa dei distacchi sindacali aveva riguardato una serie di sigle, dalla Cisl Milano Metropoli alla Filca Cisl Milano Metropoli fino all’Unione sindacale territoriale Cisl Bergamo e alla Felsa Cisl Lombardia e molte altre. Tra i 12 indagati figuravano dirigenti e responsabili delle associazioni, tra cui Gilberto Mangone, ex segretario generale aggiunto della Cisl Milano Metropoli.
Dalle molte le testimonianze dei sindacalisti che erano riportate nella prima ordinanza dei mesi scorsi, eseguita nell’inchiesta scaturita da un’altra, per frode fiscale e sfruttamento del lavoro, è emersa «una realtà che merita di essere approfondita e che potrebbe mostrare una prassi ancor più diffusa, quella in cui alcune imprese si accollano costi del personale che, però, presta attività lavorativa a favore dell’associazione sindacale» scrive il gip di Milano, Anna Calabi, nel provvedimento di sequestro preventivo da oltre mezzo milione di euro a carico di alcune sigle della Cisl e della Uil nella seconda parte dell’inchiesta della Gdf e del pm Paolo Storari.
Per la Gip Calabi «c’è il pericolo concreto che gli enti, messi al corrente dell’indagine possano disperdere le garanzie creditorie ed è necessario porre un vincolo alle risorse patrimoniali giacenti nei conti degli enti giuridici che hanno partecipato a tale illecito sistema e assicurare la futura restituzione delle somme all’avente diritto», ovvero l’Inps.
Come nel precedente sequestro dello scorso dicembre, nel nuovo decreto di sequestro per i distacchi sindacali fasulli vengono riportate molte testimonianze di lavoratori. I nuovi sequestri hanno riguardato FenealUil Milano Cremona-Lodi-Pavia, Uiltrasporti Regione Lombardia, Cisl Milano Metropoli, Femca Cisl Milano Metropoli, Federazione Energia Moda Chimica e Affini, Femca Cisl Lombardia, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori, Felsa Cisl Lombardia, Sindacato Lavoratori Postelegrafonici Milano Metropoli, Uiltec Milano-Metropolitana-Lombardia e Fim-Cisl Milano Metropoli.
Dagli atti e dalle dichiarazioni messe a verbale nell’indagine, spiega il giudice Calabi, «emerge dunque una situazione alquanto allarmante che ha visto coinvolte alcune sigle sindacali: costoro hanno tratto un profitto costituito dal risparmio di spesa per l’omesso versamento dei contributi ai danni dell’Inps».
Se l’obiettivo dei sindacati era di «avere lavoratori “a basso costo” – continua il Gip Calabi – rimane da spiegare perché le imprese private» si siano «prestate ad assecondare questo meccanismo, per loro tutto in perdita (in quanto il lavoratore viene pagato per almeno 6 mesi senza fare alcunché)». Sotto il profilo giuridico «la condotta dei protagonisti è sussumibile» nella truffa aggravata, mentre la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti può essere contestata «limitatamente alle imprese private».
Nell’indagine è emerso «che alcuni lavoratori erano inconsapevoli della frode perpetrata e nei loro confronti non si è manifestato alcun profilo di dolo ma erano inseriti come meri ingranaggi in un più ampio meccanismo». Si limitavano «a esercitare un’attività lavorativa e a venire perciò ovviamente retribuiti: che poi la busta paga arrivasse non tanto dal sindacato ma da un’impresa privata (ovviamente in accordo con il sindacato) è circostanza per loro in qualche modo neutra».
Una domanda sorge spontanea: quanto è ampio in Italia il “sistema” presunto truffaldino escogitato dai sindacati lombardi per ridurre i costi del personale a danno dell’Inps e, conseguentemente, di tutti i contribuenti chiamati ogni anno a ripianare a piè di lista i deficit mostruosi dell’istituto previdenziale?
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