Costi degli appalti: la guerra in Ucraina fa schizzare al rialzo

Secondo Unimpresa i rincari ammontano già a 40 miliardi di Euro. Ferrara: «appalti Pnrr a rischio».

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La guerra in Ucraina corre il rischio di compromettere il completo utilizzo dei fondi europei stanziati con il Piano nazionaledi ripresa e resilienza (Pnrr): secondo Unimpresa, la principale minaccia è rappresentata dal rialzo dei prezzi, in particolare quelli delle materie prime comprate all’estero, che ha fatto crescere i costi degli appalti per alcuni cantieri di opere pubbliche previste nei progetti del Pnrr.

Per Unimpresa i costi degli appalti per la costruzione e l’ammodernamento di importanti infrastrutture erano stati stimati prima della guerra, ragion per cui adesso bisognerà rifare i conti, perché i prezzi non sono più quelli calcolati qualche mese fa. Questa situazione rappresenta una rilevante alea di rischio in particolare per i 40 miliardi di euro del Pnrr stanziati per il 2022. In questo contesto, risulterà fondamentale il ruolo delle banche che potranno contribuire al pieno funzionamento del Pnrr, ma devono essere messe in condizione di farlo, con meno rigidità, rispetto a oggi, per quanto riguarda le regole sulla gestione dei rischi.

«Dall’utilizzo ottimale dei fondi europei del Pnrr dipende il livello della crescita economica dell’Italia per il 2022 e per i prossimi anni. Quest’anno dobbiamo ricevere 40 miliardi di euro e, di questi, 20 miliardi sono appena stati erogati dalla Commissione europea, ma il punto chiave, adesso, è sfruttare al massimo queste risorse. Altro elemento chiave sarà la durata della guerra in Ucraina che comunque sta durando molto più di quanto si potesse immaginare – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara -. Per ora non si parla di recessione, mi sembra in effetti prematuro, ma è chiaro che il rallentamento del Pil a livello globale è scontato. C’è poi un altro ragionamento, rispetto a chi effettivamente, fra governo e regioni, avrà la competenza e l’autonomia per gestire questi soldi del Pnrr, perché una buona parte spetterà alle amministrazioni territoriali e la frammentazione potrà generare sia sprechi sia perdite di tempo».

Secondo il Centro studi di Unimpresa, la crescita del prodotto interno lordo dell’Italia, nel 2022, subirà un rallentamento brusco: sia il governo italiano sia le principali istituzioni finanziarie mondiali hanno tagliato le stime di crescita economica: l’Italia doveva crescere oltre il 4,5% mentre probabilmente si arriverà a fatica a una crescita del 3%.

Quanto alle banche, secondo il Centro studi di Unimpresa si deve ragionare su due tipi di interventi. Il primo intervento necessario va realizzato in ambito nazionale e riguarda le garanzie sui nuovi prestiti bancari concessi alle aziende e poi le moratorie, cioè lo strumento che consente di congelare le rate di vecchi finanziamenti; questi due provvedimenti vanno rinnovati a tempo indeterminato, almeno finché la guerra non finisce per non danneggiare l’economia. Il secondo intervento va chiesto in ambito europeo: bisogna agire su Unione europea e soprattutto Banca centrale europea perché rivedano le regole stringenti che impongono alle banche paletti rigidissimi sia per concedere nuovo credito sia per gestire le sofferenze bancarie.

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