Crisi Ucraina, ma la vera posta in gioco era Taiwan

Le tensioni in Europa scatenate dalla Russia sono foriere di problemi anche ad oriente scombussolando i progetti della Cina. Di Domenico Catalano

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crisi ucraina

Le chiavi di lettura della crisi ucraina sono molteplici ma se analizziamo attentamente la sua genesi abbiamo la possibilità di avere un quadro più chiaro degli accadimenti. Gli attori, apparenti, sul campo sono la Russia di Putin e l’Ucraina del presidente Zelenski; il primo con un territorio sterminato ed un Pil equivalente alla Spagna ed il secondo, pur con delle gravi carenze strutturali, in possesso di enormi potenzialità sia umane che di risorse naturali.

Il sistema economico russo aveva, prima del conflitto, enormi difficoltà e di certo non era in grado di mantenere un apparato militare così poderoso riuscendo, esclusivamente, a realizzare delle singole eccellenze tecnologiche che non sono in grado di supplire alle gravi carenze complessive. L’Ucraina, esprimendo il suo desiderio di entrare nell’Unione Europea, diventava un pericolo mortale per l’attuale potere moscovita in quanto la gente comune avrebbe avuto, ulteriormente, un metro di paragone tra un sistema che stentava ad assicurare un giusto benessere ed un sistema di vita occidentale che, potenzialmente, si sarebbe realizzato in uno stato limitrofo. Questi fattori sono stati analizzati con attenzione a Washington e Pechino perché la vera partita che si sta giocando è stata, a mio avviso, orchestrata in quelle due cancellerie e non nelle capitali dei due paesi in conflitto.

La vera partita in gioco, molto pericolosa, della crisi ucraina era di ridurre la Russia da superpotenza globale a potenza regionale, mentre per Pechino l’obiettivo era l’annessione di Taiwan da realizzare come fatto compiuto, mentre gli attori internazionali erano concentrati in uno scenario di guerra europeo, il tutto a spese di Mosca.

Chiaramente al Cremlino qualcosa non ha funzionato. Tra i probabili “buchi” nel sistema, i report che stavano analizzando indicavano, chiaramente, un Occidente diviso ed impaurito non tenendo  conto che avrebbero messo in discussione il benessere quotidiano di persone abituate ad avere tutto (se la benzina supera i 2 euro di chi è la colpa se non di Putin? Oppure salirà il prezzo della pasta per il mancato reperimento di grano dai paesi produttori ecc.) ricompattando un’opinione pubblica che, di solito, è divisa su tutto ma che quando gli prospetti un cambiamento dei suoi stili di vita non accetta alcun compresso.

Inoltre, pensavano di poter attuare, corrompendo alti vertici ucraini, un colpo di stato che avrebbe fiaccato, sin dall’inizio la resistenza delle forze armate avversarie e giungere, in brevissimo tempo, a Kiev riuscendo così a dettare le regole del gioco. Anche in questo caso i report erano inesatti se non completamente sbagliati e sottoposti ad analisi ai vertici russi i quali, su questi dati, hanno fondato la loro strategia politica con la conseguente strategia militare anch’essa poco accorta ed inefficiente (ci sono delle fortissime analogie con la campagna di Grecia italiana).

Infine, gli stati maggiori russi non si sono mostrati all’altezza della situazione in quanto i militari, pur dipendendo dal potere politico, devono tenere conto di variabili sul terreno che sono proprie di questa catena di comando e non possono affidarsi, esclusivamente, ad analisi che gli vengono forniti da altri poteri dello stato in quanto possono basarsi su dati che possono non essere esatti ed addirittura non veritieri perché provenienti da altri lidi. Colonne sterminate di veicoli corazzati e logistici che intasano le strade e possono essere facile preda di gruppi tattici nemici ben addestrati ed armati che possono gettare nella confusione le retrovie con il conseguente effetto tappo ad eventuali rinforzi. L’arma aerea che non poteva essere utilizzata per spianare la strada in quanto avrebbe dovuto radere al suolo interi centri abitati con la conseguenza di rendere i ruderi di una città la fortezza inaccessibile agli aggressori se difesi da gente preparata e motivata (vedasi Stalingrado, Monte Cassino e, in epoca recente, Grozny).

Le sanzioni occidentali erano state messe in conto ed ecco che entra in scena la Cina con la quale Mosca, a seguito di accordi commerciali e finanziari strategici, avrebbe dovuto attutirle notevolmente consegnando a Pechino un asso nella manica di rilevanza strategica: l’invasione di Taiwan (nella battaglia di Sedan, i francesi vengono impegnati in un conflitto con la Germania e l’Italia occupa Roma con la famosa breccia di Porta Pia).

A mio avviso, senza un accordo con la Cina, la Russia non si sarebbe mossa ed ecco perché in Ucraina si stavano decidendo le sorti di Taiwan ritrovandoci, nei fatti, con degli attori internazionali spiazzati e confusi e con il gigante cinese che agogna un cessate il fuoco in quanto la sua politica interna si base su di un consenso legato alla sua crescita economica che, qualora dovesse venir meno a causa delle turbolenze internazionali, la metterebbe in serie difficoltà.

Nei fatti, semplicemente, i conti erano stati tutti sbagliati in quanto basati su dati inesatti o costruiti ad arte dimostrando una sorta di dilettantismo analitico di cui la Russia non riesce ad affrancarsi (stessa storia con i missili a Cuba) evidenziando delle lacune anche in campo cinese in quanto adesso l’Occidente, per molte produzioni che possono avere risvolti di tipo strategico, tenterà di affrancarsene commissionandone ad oriente solo una percentuale agevolmente rimpiazzabile limitando così la sua crescita economica che, come detto, è alla base del suo consenso interno.

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