Ci risiamo: come da alcuni anni ormai la legge di bilancio che è il documento contabile preventivo che contiene le spese pubbliche che si prevedono per l’anno successivo, è in grave ritardo sulla tabella di marcia in Parlamento che prevede l’approvazione definitiva entro il 31 dicembre di ogni anno.
Dopo il via libera nel Consiglio dei ministri alla fine di ottobre, il ddl è approdato in Senato dove è stato assegnato in sede referente alla Commissione bilancio dove già da alcuni giorni erano iniziate le audizioni da parte dei molti soggetti che ne hanno titolo. Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, CNA, Confapi, Consiglio nazionaleconsulenti del lavoro, Consiglio nazionale dei commercialisti, Confindustria, ABI, ANIA, sindacati confederali, per proseguire quindi con il MEF, la Banca d’Italia, la Corte dei Conti, l’Ufficio Parlamentare di bilancio. Dopo queste interminabili giornate di audizione è stata la volta degli emendamenti che sono stati oltre 6.000.
Il premier Mario Draghi ha cercato con incontri con i capigruppo della maggioranza di scremarli per portarli ad un numero ragionevole per la successiva discussione in Aula che porterà alla prima approvazione. Successivamente il testo passerà alla Camera dei Deputati per eventuali altre modifiche, per ritornare nuovamente al Senato per l’approvazione definitiva. L’iter deve essere concluso con la relativa pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica entro il 31 dicembre in modo che possa essere operativo dal 1° gennaio 2022.
Questo faticoso iter, a causa della litigiosità dei vari partiti politici e delle strenue difese degli interessi del loro elettorato di riferimento, da alcuni anni è cambiato se non nella forma almeno nella sostanza. Mancano meno di quindici giorni alla fine dell’anno e il Governo Draghi non può permettersi di ricorrere all’esercizio provvisorio, per non perdere credibilità in Europa soprattutto agli occhi degli investitori internazionali dal momento che una mancata approvazione della legge di bilancio nei tempi consueti provocherebbe un rialzo dello spread con conseguente aumento degli interessi da pagare sul debito pubblico, di conseguenza si farà ricorso, per l’ennesima volta, all’istituto della fiducia.
Il tentativo di Draghi di trovare una sintesi sugli emendamenti della maggioranza ha provocato un ulteriore ritardonell’iter per cui si prevede che il testo non possa arrivare nell’aula del Senato prima del 20 dicembre prossimo.
In Italia vige il bicameralismo perfetto nel senso che Senato e Camera hanno la medesima importanza e le leggi devono essere approvate da entrambe le Camere. Invece succederà nuovamente che il testo approvato faticosamente dal Senato a ridosso del Natale con la richiesta della fiducia passi velocemente alla Camera dei Deputati dove, senza alcun confronto parlamentare ed in spregio del diritto costituzionale, sarà votato così com’è. In pratica già da anni si verifica che la legge di bilancio, la più importante legge dell’anno in ambito finanziario, sia votata per assoluta mancanza di tempo da un solo ramo del Parlamento.
Non è più tollerabile che una legge determinante per il bilancio statale non possa essere discussa nel suo luogo istituzionale. Il ricorso alla fiducia, seppure previsto, non può e non deve diventare la norma. Questo Governo e anche il precedente, sfruttando anche l’emergenza pandemica che ci ha colpito negli ultimi due anni ha fatto ricorsoalla fiducia in maniera spropositata esautorando il Parlamento che, di fatto, si limita a mettere un bollino di conferma su qualcosa già deciso.
A questo punto, dopo il tentativo fallito di Renzi, i partiti dovranno cominciare seriamente a pensare in maniera diversa sulla funzione dei due rami del Parlamento non escludendo anche una scelta che in futuro possa prevedereil ricorso al monocameralismo.
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