Auto: prima sentenza sul “greenwashing” della comunicazione di prodotto

Ordinanza cautelare del Tribunale di Gorizia: le qualità ecologiche dei materiali devono basarsi su dati scientifici. Si apre il vaso di Pandora dei presunti benefici dell’auto elettrica. 

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Comunicare o pubblicizzare un prodotto come ecologico sottolineandone genericamente il valore per l’ambientee i suoi valori (come in termini di percentuale di materiale proveniente dal riciclaggio) richiede il rispetto di regole di correttezza e trasparenza, per non incorrere nel cosiddetto “greenwashing” o ecologismo di mera facciata che sotto nasconde ben altro.

Il Tribunale di Gorizia ha emesso la prima ordinanza cautelare in Italia in materia “greenwashing” che riguarda i materiali utilizzati per i rivestimenti interni delle auto, ma che potrebbe essere esteso anche ad altri settori, come i veicoli elettrici ed ibridi ricaricabili, la cui ecologicità in fatto di riduzioni delle emissioni inquinanti è semplicemente fuorviante, come dimostra il recente studio di Volvo tra un’auto elettrica e una con motore a benzina.

Il provvedimento, preso a seguito di un ricorso d’urgenza presentato dalla Alcantara di Milano nei confronti di Miko(società friulana che commercializza il materiale di rivestimento per interni a marchio Dinamica,) si basa sul fatto che «la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un’impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto».

I giudici nell’argomentazione dell’ordinanza aggiungono che le «dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile».

Sulla base di tali principi, oltre che al potenziale pericolo per la ricorrente Alcantara, il Tribunale ha ordinato a Miko la cessazione della diffusione dei seguenti slogan pubblicitari “La prima microfibra sostenibile e riciclabile”, “100% riciclabile”, “Riduzione del consumo di energia e delle emissioni di anidride carbonica dell’80%”, “Amica dell’ambiente”, “Scelta naturale” e “Microfibra ecologica”.

Per il Tribunale di Gorizia si è trattato di «informazioni non verificabili e ingannevoli sul contenuto di materiale riciclato del prodotto», ordinando la pubblicazione della decisione sul sito di Miko e l’invio dell’ordinanza ad alcuni clienti della stessa.

Sarebbe doveroso che le associazioni dei consumatori imbracciassero tale ordinanza sul “greenwashing chiedendo ai tribunali di pronunciarsi anche sulla pubblicità martellante sugli infondati meriti ecologici dell’auto elettrica e ibrida ricaricabile, che non riducono affatto l’inquinamento, avvantaggiandosi solo di una norma omologativa in fatto di consumi oggettivamente fuorviante, specie nel caso dell’auto ibrida ricaricabile, dove si spacciano comunicazionidi consumi irrisori, con conseguente minore impatto ambientale, valevoli solo per i primi 40-50 km (guarda caso, la lunghezza dei cicli di omologazione), salvo poi, a batteria ricaricabile scarica, ritornare su consumiordinaritipici di un veicolo con il solo motore termico, anzi solitamente più elevati per via della presenza a bordo zavorradella batteria scarica. Per di più ad un prezzo maggiorato a danno dei consumatori.

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