Le motivazioni del Gup di Catania, Nunzio Sarpietro, sul caso degli extracomunitari tenuti a bordo della nave della Guardia costiera “Gregoretti” da parte dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini danno ragione su tutta la linea al leader della Lega, gettando una pesante ombra sull’operato di quei personaggi politici che, quando Salvini è uscito dal governo Conte I, hanno concesso l’autorizzazione a procedere in Parlamento verso un procedimento palesemente infondato. Un classico caso di processo politico a mezzo della giustizia penale.
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Oltre ad avere fatto evitare il processo perché «il fatto non sussiste», il Gup Sarpietro ha concesso a Salvini una patente di buon governo, di avere agito negli interessi superiori dello Stato senza minimamente danneggiare gli extracomunitari custoditi a bordo della nave Gregoretti, accuditi dalle forze dell’ordine.
Di fatto, le motivazioni costituiscono una tranvata a quei politici che hanno dato l’autorizzazione a procedere con motivazioni giuridiche insussistenti e ridicole: sarebbe interessante conoscere il giudizio dei vari Conte, Di Maio, Zanichelli, Toninelli e anche Letta a quanto scritto dal giudice Sarpietro che di fatto costituisce una palese sconfessione senz’appello al loro operato.
Non solo: se a Catania Sarpietro sul caso “Gregoretti” ha ritenuto non fondata la richiesta di rinviare a processo il leader della Lega, a Palermo, viceversa, la magistratura lo ha rinviato a giudizio con tanto di processo per analoga vicenda – cambia solo la nave, la Open Arms – con procedimento che si aprirà il prossimo settembre. Qui si apre una stridente vicenda: a fronte di casi identici – il trattenimento sulla nave degli extracomunitari in attesa di trovare un accordo con gli altri paesi europei per la loro accoglienza – ci sono due comportamenti diversi da parte della magistratura. Qui si apre una questione politica, oltre che giudiziaria, perché è palesemente chiaro che qui comportamenti aventi rilevanza penale non esistono, in quanto si tratta di una scelta di eminente valutazione politica da parte di un ministro legittimamente in carica incaricato di difendere i confini e gli interessi dello Stato.
Che dire? “Lo Schiacciasassi” fin dall’inizio era convinto che questo era solo un processo politico figlio dell’encefalogramma piatto di molti leader di partito ai quali, privi di altri argomenti politicamente convincenti, non rimane altro di rivolgersi a qualche procuratore “amico” (come ha evidenziato oltre ogni dubbio le denunce dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, LucaPalamara), in cerca di un aiutino giudiziario. Una situazione che reclama una rapida e drastica azione di riforma di tutto l’assetto giudiziario, dove la magistratura torni ad essere un organo terzo rispetto alla battaglia politica, indipendente ed autorevole. Cosa che ora non è.
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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