Attorno alla gestione del “green pass” la confusione regna sovrana. La “carta verde”, di fatto, introduce surrettiziamente l’obbligovaccinale che non è possibile disporre in quanto i vaccini sono stati approvati dalle autorità competenti con la cosiddetta “Cma”, l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata, dovuta al fatto che i prodotti non hanno percorso il tradizionale iter di sperimentazione e approvazione che solitamente dura tre-quattro anni.
Certo che il governo Draghi, soprattutto nelle persone dei ministri alla Salute, Roberto Speranza, e dell’Interno, Luciana Lamorgese, si è incartato nella gestione delle certificazioni vaccinali, prima vincolandoli a certe categorie e a certe fasce d’età, poi cambiandole, poi, ancora, stabilendo altre priorità, man mano che la necessità di contenere il più possibile la diffusione del Covid-19 si è fatta più urgente. Senza dimenticare che baristi e ristoratori avrebbero dovuto improvvisarsi anche agenti di pubblica sicurezza per identificare e verificare la regolarità dei “green pass”.
Di sicuro il fatto che chi non è in possesso di un “green pass” non può consumare da seduto all’interno di bar e ristoranti, non può entrare in musei o nei teatri, ha dato un impulso alla campagna vaccinale tanto da “stimolare” un deciso aumento delle vaccinazionialla vigilia delle vacanze. Così come le famiglie con figli minorenni non riescono a sostenere i costi dovuti ai tamponi da rinnovare ogni 48 ore per potere frequentare tutti assieme i luoghi pubblici, con il risultato che questi hanno registrato un deciso calo degli afflussi, guarda caso proprio dalle famiglie.
Ecco, “Lo Schiacciasassi” avanza al premier Mario Draghi un piccolo consiglio, utile soprattutto se lui punta a traghettare il Paese fino al 2023: alla ripresa dei lavori, dopo la breve pausa di Ferragosto, prenda coraggio a due mani e attui un rimpasto della composizionedel suo gabinetto, sostituendo ministri, viceministri e sottosegretari palesemente inadeguati al ruolo da svolgere. S’inizi da Speranza e Lamorgese, magari ampliando il cambio anche ai sottosegretari Tabacci e Durigon, tanto per fare qualche nome.
La gestione del Pnrr è una cosa seria, non una sceneggiata napoletana e per evitare di sprecare i fondi europei – che sono in gran parte a prestito che va restituito: meglio non dimenticarlo – serve una squadra di governo capace e coesa, in grado di individuare, capire e gestire il bene pubblico che non sempre coincide con i desideri e le necessità dei partiti e dei loro leader.
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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