A volte ritornano e stavolta tocca al redditometro, autentico strumento di inquisizione e vessazione dei contribuenti tutti, lavoratori dipendenti e autonomi, con cui l’Agenzia delle entrate può stabilire presuntivamente il reddito di un determinato soggetto (soggetto, perché un cittadino meriterebbe ben altro trattamento da parte di uno stato con la “s” minuscola che li tratta come sudditi e servi della gleba), dal quale basta uno scostamento di appena il 20% per essere chiamati a giustificare il proprio tenore di vita. Perché per l’Agenzia delle entrate tutti o quasi i contribuenti sono degli evasori.
Insomma, se nel 2018 il redditometro era stato congelato, nel 2021, complice il riscaldamento globale, il provvedimento si è scongelato e qualcuno ha pensato bene di rimetterlo in pista per cercare di arginarel’incapacità di accertamento e, soprattutto, di riscossione del fisco italiano, che in soli vent’anni è riuscitoad accumulare un arretrato di crediti per quasi 1.000 miliardi. Soldi in gran parte inesigibili, dovuti da soggetti nel frattempo defunti, falliti o materialmente incapaci di onorare le loro pendenze tributarie.
Il redditometro era stato messo fuori servizio perché era una grave fonte di problemi per i contribuenti, chiamati a giustificare un tenore di vita spesso risalente a qualche anno prima, con il capofamiglia responsabile anche di quanto fatto dai soggetti della famiglia a suo carico. Tante le incongruenze registrate, generatrici solo di un’azione a vuoto da parte dell’amministrazione fiscale, impegnata più a capire come un contribuente onesto avesse acquistato un’auto sportiva con i risparmi di una vita solo per togliersi uno sfizio, oppure di un figlio che ha fatto un viaggio grazie al regalo di una nonna. Lasciando indisturbati i veri evasori.
“Lo Schiacciasassi” si fa diligente interprete dell’allarme rosso già scattato tra i contribuenti e rivolge un appello al ministro delle Finanze, Daniele Franco, a riporre nuovamente nel congelatore il redditometroper evitare di ingolfare una macchina fiscale già di suo azzoppata. Piuttosto, se vuole effettivamente recuperare efficienza e incassi evasi, il ministro Franco farebbe bene a legare il guadagno dei dipendentidell’Agenzia delle entrate ad un metodo decisamente efficiente: lo stipendio passa da un fisso a prescindere dai risultati ad una retribuzione totalmente o quasi a cottimo basata sull’effettivo – non sull’accertato: troppo comodo! – incasso ottenuto. Ci scommettiamo che non ci sarebbero più miliardi di tasse evase lasciati languire in attesa della prescrizione?
Intanto, ecco come la matita graffiante di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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