La burocrazia italiana consegue l’ennesimo record negativo: in Europa nessuna pubblicaamministrazione ha un livello di gradimento più basso di quello nazionale. I dati elaborati dall’Ufficio studidella Cgia sono riferiti all’indagine campionaria che periodicamente viene realizzata dalla Commissione Europea fra i 27 paesi dell’Unione.
Dall’ultima rilevazione, tenutasi nei mesi di febbraio-marzo 2021, emergono dei risultati impietosi; solo il 22% degli italiani considera “abbastanza buona o molto buona” l’offerta dei servizi pubblici erogata dalla pubblica amministrazione tricolore. La media europea si è attestata al 46%: mentre in Spagna si è fermata al 38%, in Francia al 50% e in Germania al 55%. Il terzo gradino del podio è occupato dalla Finlandia, con un apprezzamento dei servizi resi dalla propria pubblica amministrazione pari all’81%. Al secondo posto si collocano i Paesi Bassi con l’86% e, infine, sul tetto della classifica c’è il Lussemburgo con il 92%.
Sebbene la tendenza regressiva si sia verificata anche in altri importanti paesi europei (come la Spagna, la Germania e l’Austria), il Covid-19 ha peggiorato il “sentiment” degli italiani verso la pubblica amministrazione. Se nell’indagine campionaria tenutasi nel novembre 2019 la percentuale delle persone che erano soddisfatte dell’efficienza dei servizi elargiti era al 30%, tra febbraio-marzo di quest’anno la stessa è scesa al 22%.
Se gli ultimi dati disponibili affermano che in Europa l’Italia è al 6° posto nella graduatoria riferita alla pressione fiscale, ma ultimi per la qualità dei servizi erogati ai cittadini, c’è qualcosa che non va, perché se si paga molto per avere poco, questa pubblica amministrazione va rifondata, non riformata. E chi pensa sia solo una questione di qualità del capitale umano rischia di sbagliarsi.
Quali sono le proposte della Cgia per migliorare l’efficienza della burocrazia italiana? Innanzitutto, bisogna diminuire le norme presenti nell’ordinamento, così come è necessario che queste leggi siano scritte meglio, cancellando le sovrapposizioni esistenti tra i vari livelli di governo, bandendo il burocratese e imponendo, in particolar modo, un monitoraggio periodico sugli effetti che queste producono, soprattutto in campo economico. Inoltre, è necessario semplificare le procedure e introdurre controlli successivi rigidissimi, incentivando il meccanismo del silenzio-assenso, senza dimenticare che bisogna digitalizzare tutti i soggetti pubblici, obbligando il dialogo tra le loro banche dati per evitare la duplicazione delle richieste che periodicamente travolgono cittadini e imprenditori ogni qual volta si interfacciano con uno sportello pubblico.
Infine, bisogna riformare nuovamente il reato di abuso di ufficio. Nonostante l’intervento legislativo introdotto dal governo Conte, non sta venendo meno il ricorso alla “burocrazia difensiva” da parte di molti funzionari pubblici, perché la misura legislativa non incide sulle denunce, che una volta presentate, impongono di condurre le indagini. Tale situazione continua a provocare la cosiddetta “fuga dalla firma”, rallentando enormemente lo smaltimento delle pratiche nell’edilizia, nell’urbanistica e nel settore degli appalti. Per contro, infine, vanno premiati i dirigenti/funzionari che si comportano correttamente e rendono efficienti le proprie aree di lavoro: l’aumento della produttività, anche nel pubblico, va riconosciuto economicamente.
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