Senza una proroga della moratoria sui prestiti, oltre un’impresa su tre non sarebbe in grado di rispettaregli impegni e quasi la metà avrebbe molte difficoltà. È quanto emerge da una indagine promossa dalla CNAsu oltre 5.000 imprese di cui l’87% con meno di 10 addetti, un campione che riflette in modo coerente il tessuto imprenditoriale italiano.
Dall’attivazione della garanzia pubblica, il 63% del campione ha ottenuto un nuovo finanziamento e oltre la metà afferma di averne bisogno nei prossimi mesi. Oltre l’80% considera utile la proroga della misura.
Oltre il 50% delle imprese intervistate ha aumentato la propria esposizione debitoria con le banche: il 12% l’ha incrementata di oltre il 10% e quasi una su 5 oltre il 20% rispetto alla situazione precedente la pandemia. Misure per favorire la ristrutturazione dei debiti sono indispensabili per il 56% del campione.
Dall’indagine emergono indicazioni molto chiare: la mancata proroga della moratoria rischia di innescare una catena di fallimenti che il decreto “Cura Italia” voleva scongiurare. Non prolungare la garanzia pubblicainvece metterebbe in gravi difficoltà le imprese che ancora non riescono a generare flussi di cassa adeguati alle esigenze finanziarie. Dall’indagine inoltre emerge che oltre il 70% degli intervistati accusa una contrazione del fatturato nei primi quattro mesi 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019 e per oltre il 45%del campione la flessione supera il 30%. Insomma si è ancora molto lontani dalla “normalità” e non rinnovare i sostegni significa vanificare lo sforzo realizzato per mantenere in vita il nostro patrimonio imprenditoriale.
Anche i dati complessivi sul credito evidenziano l’esigenza della moratoria dei prestiti. Dall’ultima rilevazione del MEF le moratorie attive del sistema produttivo ammontano a un importo di 126 miliardi e l’erogazione di finanziamenti assistiti da garanzie pubbliche a 184 miliardi. Complessivamente, 310 miliardi di credito bancario alle imprese risulta oggi “coperto” dalle misure straordinarie, oltre il 40% dell’esposizione complessiva, che a fine marzo (dati Banca d’Italia) ammontava a 755 miliardi di euro.
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