La seconda ondata della pandemia di Covid-19 ha colpito il Trentino in modo particolarmente pesante. Parliamo purtroppo di una storia che non si è ancora conclusa e che potrebbe riservarci ancora amare sorprese. Tuttavia, sulla base di quanto è accaduto sino ad oggi, possiamo già concludere che gli effetti della seconda ondata della pandemia sono stati ancora più pesanti della prima ondata e che, in ambedue i casi, il Trentino si è sempre trovato nelle posizioni di testa delle tristi classifiche nazionali per ricoveri e decessi.
Il tutto a dispetto del fatto che, durante la seconda ondata della pandemia, il dato ufficiale dei contagi registrati in Trentino è stato molto contenuto, tale da lasciare sempre il Trentino nella cosiddetta “zona gialla”. Come è potuto accadere tutto ciò?
Prima di cercare le cause, vediamo i danni prodotti dalla seconda ondata pandemica in Trentino. Partiamo dal dato dei decessi, aggiornato al 10 gennaio 2021. Come riferimento per la partenza della seconda ondata della pandemia assumiamo arbitrariamente la data del 1° settembre 2020. Avremmo potuto scegliere un qualsiasi giorno di settembre e le cose non cambierebbero sostanzialmente. Ricordo che a fine estate i decessi per Covid erano eventi rarissimi e soltanto a partire dal mese di ottobre si è osservata una certa ripresa di tali tristi eventi. Per confrontare il dato del Trentino con le altre regioni italiane normalizziamo i dati rispetto ad un campione di 100.000 abitanti. La sorgente dei dati è la Protezione Civile Nazionale.
Notiamo che la barra corrispondente alla Valle D’Aosta è stata troncata perché i decessi (194 per ogni 100.000 abitanti) sono maggiori del fondo scala del grafico. Si tratta di una situazione particolare legata alla presenza di alcuni forti focolai nell’ambito di una comunità di soli 125.000. Doloroso, ma statisticamente poco significativo.
Il dato del Trentino (113 decessi per ogni 100.000 abitanti appare al terzo posto nella triste classifica, più o meno nella stessa posizione che occupava alla fine della prima ondata. Ovviamente parliamo di un dato che – ahimè – è ancora provvisorio perché la seconda ondata è tuttora in corso. Ma parliamo comunque di numeri importanti perché, complessivamente, le due ondate pandemiche hanno causato il trapasso prematuro di più di 1.000 trentini.
Di solito, di fronte a questi dati, qualcuno prova ad obiettare che “tanto sono decedute persone che sarebbero comunque morte entro breve tempo”. La risposta più chiara a questa notizia infondata ce la fornisce l’ISTAT che nelle sue statistiche ha calcolato l’eccesso di mortalità che è stato registrato in Italia nel 2020 rispetto agli anni precedenti.
Tanto per avere un’idea dell’ordine di grandezza del problema, negli anni precedenti al 2020 morivano mediamente in Italia circa 650.000 persone all’anno. I decessi che sono stati registrati nel 2020 non sono stati ancora esattamente quantificati, ma sulla base dei dati raccolti fino al mese di novembre, possiamo stimare per tutto il 2020 un aumento dei decessi pari almeno a 100.000 persone (circa il 30% in più rispetto ai decessi ufficiali per Covid-19). È facile comprendere che se la pandemia avesse semplicemente accelerato di poche settimane morti ormai ineludibili, non avremmo avuto l’eccesso di mortalità registrato dai dati ISTAT. In pratica è come se, a livello nazionale, il Covid-19 si fosse portato via una città delle dimensioni di Trento (parliamo ovviamente di numero, perché i decessi dovuti a Covid-19 hanno colpito soprattutto le persone più anziane).
Anche per il Trentino le statistiche ISTAT dimostrano che l’eccesso di mortalità è superiore rispetto ai dati ufficiali dei decessi attribuiti a Covid-19. Si tratta di persone sfuggite alle statistiche perché non sono state sottoposte a tampone, oppure di decessi indiretti legati al sovraffollamento degli ospedali che ha impedito di curare adeguatamente altre gravi patologie. Comunque tutte morti in più che si sarebbero potuto evitare, almeno parzialmente, gestendo meglio la pandemia.
La situazione del Trentino nel corso della seconda ondata della pandemia è stata – ed è tuttora – molto preoccupante anche dal punto di vista dell’occupazione delle strutture ospedaliere. Da molte settimane il Trentino si trova ai vertici, nel confronto nazionale, per il tasso di occupazione sia dei reparti Covid ordinari che delle terapie intensive.
Il grafico, elaborato da AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) è molto chiaro. I dati sono aggiornati al 10 gennaio 2021. L’asse orizzontale corrisponde all’occupazione dei reparti Covid in area non critica, mentre l’asse verticale corrisponde all’occupazione delle terapie intensive. Il dato del Trentino (identificato dal cerchio rosso) è quello più critico di tutti.
Chiarita la gravità della situazione trentina, vediamo di capire quali possono essere state le cause che l’hanno generata. Ufficialmente il dato dei contagi avvenuti in Trentino durante la seconda ondata della pandemia è molto contenuto. Se guardate i dati dei contagi diffusi dalla Protezione Civile Nazionale o dall’Istituto Superiore di Sanità noterete che il Trentino si colloca stabilmente tra le Regioni/Province autonome che manifestano le più basse circolazioni del virus. I casi sono due: a) in Trentino circola una variante del virus particolarmente pericolosa, diversa rispetto a quella che circola nel resto del Paese, oppure b) i dati ufficiali del Trentino non comprendono tutti i contagi, ma solo una parte di essi.
Secondo la narrazione ufficiale della Giunta provinciale, la colpa dell’anomalia trentina sarebbe riconducibile al comportamento scapestrato dei trentini anziani che si esporrebbero con troppa leggerezza al contagio e finirebbero fatalmente per pagare un duro prezzo in termini di ricoveri e decessi. Si tratta di una ipotesi assolutamente inconsistente dal punto di vista scientifico come ho già dimostrato in numerosi miei precedenti interventi.
Il vero problema del Trentino è quello di una elevatissima circolazione virale, non adeguatamente contrastata da adeguate azioni di contenimento a causa della perdurante classificazione in zona gialla del territorio provinciale. La permanenza in zona gialla è stata ottenuta eludendo le norme nazionali grazie all’uso intensivo dei cosiddetti tamponi rapidi antigenici. Una volta risultate positive al tampone antigenico, le persone avrebbero dovuto essere sollecitamente confermate con il tampone molecolare e solo allora inserite nelle statistiche ufficiali dei contagi. È bastato lasciare i nuovi positivi a casa loro per 10-15 giorni prima di eseguire il tampone molecolare per far sì che molti di loro tornassero virologicamente negativi, senza mai entrare nelle statistiche. Insomma tanti contagi fantasma, ma migliaia di persone vere che sono dovute rimanere in quarantena e talvolta hanno trasferito il contagio ad amici e parenti.
È praticamente impossibile sapere quanti siano i casi di contagio sfuggiti alle statistiche ufficiali del Trentino perché la Provincia Autonoma di Trento si è sempre rifiutata di fornire i dati. Per tutto il mese di novembre il numero vero di contagi è stato un segreto ben custodito. Solo dal 3 dicembre in poi, la Provincia è stata costretta a comunicare tutti i dati dei contagi (molecolari e antigenici), ma nessuno ne ha tenuto conto, almeno fino ad oggi, per identificare il livello di rischio pandemico del Trentino.
Possiamo tentare una ricostruzione parziale di ciò che è avvenuto durante lo scorso mese di novembre guardando al dato delle persone attualmente positive residenti nel comune di Trento (sono i dati che la Provincia ha dovuto comunicare ai comuni per obbligo di legge). Ecco cosa è successo a Trento da inizio novembre in poi:
Come potete vedere, a novembre la differenza tra i dati ufficiali (rossi) ed i dati veri (somma di positivi molecolari e antigenici) era molto grande. Dopo il 3 dicembre quando la Provincia ha dovuto comunicare i dati completi la differenza si è attenuata. Nel corso dell’ultimo mese circa la metà dei contagi sono entrati nelle classifiche ufficiali, mentre al momento del picco pandemico (seconda metà di novembre) gran parte dei contagi sfuggivano alle statistiche.
Notate anche che la curva verde (dati veri) mostra chiaramente la presenza del picco pandemico. I dati ufficiali (rossi) mostrano un andamento completamente distorto rispetto alla realtà. Considerate che i dati rossi sono quelli comunicati a Roma e sulla base di questi dati sono stati calcolati i valori dell’indice di trasmissione del contagio Rt che il Ministero utilizza per attribuire i “colori” delle zone.
A questo proposito, vi faccio vedere la situazione dei nuovi contagi in Trentino relativa alle ultime 4 settimane, così come risulta dalle diverse fonti disponibili:
La linea rossa rappresenta i nuovi contagi settimanali x 100.000 abitanti calcolata tenendo conto di tutti i contagi (positivi molecolari + positivi antigenici – positivi antigenici dei giorni precedenti confermati con tampone molecolare). Questi dati li ho ricostruiti sulla base dei comunicati stampa giornalieri della Provincia Autonoma di Trento. Notate che l’attuale livello (vero) di circolazione del virus in Trentino è simile a quello del Veneto.
La linea verde riguarda i positivi trovati con tampone molecolare e comunicati giornalmente alla Protezione Civile Nazionale. Vedete che sono più o meno la metà dei positivi complessivi, in accordo con quanto abbiamo visto per il Comune di Trento da inizio dicembre in poi (nelle settimane precedenti erano molto meno della metà).
Il dato più interessante è quello rappresentato dalla linea nera e corrisponde ai nuovi contagi comunicati all’Istituto Superiore di Sanità (che usa un sistema informativo diverso rispetto a quello della Protezione Civile Nazionale). Curiosamente sono ancora meno di quelli comunicati alla Protezione Civile Nazionale. Nessuno è riuscito a capire cosa sia successo. Sorprendente che l’Istituto Superiore di Sanità non abbia mai verificato la consistenza dei dati in arrivo.
In conclusione, se andiamo a vedere cosa è veramente successo in Trentino, possiamo facilmente dedurre che la grave situazione sanitaria ed i decessi osservati con la seconda ondata della pandemia hanno una semplice spiegazione: c’è stata – e c’è ancora – una forte circolazione virale favorita anche dalla permanenza del Trentino in “zona gialla”. La permanenza in zona gialla è stata favorita dall’adozione di una tattica che ha permesso di eludere i controlli dell’Istituto Superiore di Sanità, favorita anche dalla “distrazione” dei dirigenti romani che avrebbero dovuto svolgere il necessario compito di vigilanza.
Perché è successo tutto questo? Io mi sono limitato a mostrare i dati e lascio al lettore il compito di trarre le deduzioni che riterrà più opportune.
Io mi limito ad una sola considerazione personale: non sono trentino per nascita, ma solo d’adozione. Ho imparato ad amare il Trentino per la serietà, il rigore, la solidarietà ed il rispetto della vita che lo sempre caratterizzato. Non mi sarei mai aspettato che il Trentino dovesse deludermi così profondamente.
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