Nel 2020 dell’emergenza Covid–19 con il Natale magro per via della crisi economica sale a oltre 30 miliardi il drammatico crollo su base annua della spesa alimentare degli italiani con un calo del 12% rispetto allo scorso anno: è quanto emerge dallo studio su “Covid, la sfida del cibo” realizzato da Coldiretti/Fondazione Divulga in occasione dell’assemblea nazionale della Coldiretti “L’Italia riparte dagli eroi del cibo”.
Il maggior tempo trascorso a casa a cucinare – sottolinea la Coldiretti – ha determinato un aumento della spesa alimentare domestica (+7%) che però non compensa il crollo nella ristorazione che ha praticamente dimezzato il volume di affari (-48%). Una drastica riduzione dell’attività che pesa sulla vendita di molti prodotti, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco mentre in alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale in termini economici. Una situazione di sofferenza che porterà a fine anno ad una perdita di fatturato per la filiera agroalimentare di oltre 9,6 miliardi solo per i mancati acquisti in cibi e bevande da parte della ristorazione.
A questo si aggiunge – prosegue lo studio di Coldiretti – la crisi drammatica del settore florovivaistico “Made in Italy” che ha pagato un conto da oltre 1,5 miliardi di euro per le perdite causate della pandemia per i limiti a matrimoni, eventi e cerimonie, con la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, dai vivai ai negozi. In difficoltà anche l’agriturismo in cui si stima un calo di almeno il 65% del fatturato annuale tra chiusure forzate, limiti e assenza di ospiti stranieri. Insostenibile è anche la situazione di mercato per l’allevamento italiano per effetto del crollo delle quotazioni riconosciute agli allevatori a sostegno delle quali occorre al più presto intervenire per non arrivare alla chiusura. A rischio c’è il primato nazionale della filiera zootecnica nazionale che tra carne, caseario e norcineria vale oltre 80 miliardi.
Per Coldiretti occorre salvaguardare un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui con l’emergenza Covid-19 il cibo ha dimostrato tutto il suo valore strategico per il Paese. L’Italia può contare su una filiera agroalimentare che, con 538 miliardi di valore, è la prima ricchezza del Paese svolgendo un ruolo di traino per l’insieme dell’economia sui mercati nazionali ed esteri con un impegno quotidiano e capillare. Oltre 3,6 milioni di “eroi del cibo”, come li ha definiti la Fao, combattono in prima linea dal campo alla tavola per garantire i rifornimenti di cibo alle famiglie italiane. Una realtà allargata dai campi agli scaffali che – evidenzia la Coldiretti – vale il 25% del Pil grazie all’attività, tra gli altri, di 740.000 aziende agricole, 70.000 industrie alimentari, oltre 330.000 realtà della ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio.
«In questi giorni di festa chiediamo agli italiani di sostenere il consumo di prodotti alimentari italiani per aiutare l’economia, il lavoro ed il territorio nazionale in questo momento di difficoltà» ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini nell’apprezzare l’impegno di quanti nella filiera, dall’industria ai negozi e supermercati, stanno aderendo alla campagna della Coldiretti #mangiaitaliano.
Sul settore incombe anche la speculazione che ha messo nel mirino i prodotti ortofrutticoli, con i prezzi dei prodotti alimentari che rincarano fino al 5,6% per la frutta fino all’8,8% per le verdure, ma nei campi e nelle stalle è speculazione al ribasso con il taglio ai compensi pagati agli agricoltori e agli allevatori per molti prodotti, dalla carne al latte fino alla frutta.
Mentre si registra un’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari al consumo del +1,2% quelli pagati agli agricoltori e agli allevatori crollano. Casi emblematici sono quelli della frutta di stagione come le clementine che nelle campagne – precisa la Coldiretti – vengono pagati al ribasso ben al di sotto dei costi di produzione che sono in Calabria di almeno 35/40 centesimi al chilo. I prezzi attualmente corrisposti non sono assolutamente remunerativi e si profila un crack senza precedenti per il settore nei territori tradizionali di coltivazione, dalla Calabria alla Sicilia fino in Puglia.
A pesare – spiega la Coldiretti – sono anche le chiusure o le aperture parziali di ristoranti, bar, agriturismi che, moltiplicando le offerte, ampliano la concorrenza aumentando le possibilità di scelta dei consumatori. Una situazione che alimenta distorsioni e speculazioni che sono particolarmente a rischio nel periodo di Natale in cui si registra il picco della domanda alimentare da parte delle famiglie italiane e si preannuncia la possibilità di un nuovo bocco generalizzato per la ristorazione.
Per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti, meno di 15 centesimi in Italia – precisa la Coldiretti – vanno a remunerare il prodotto agricolo per effetto delle distorsioni e delle speculazioni che si verificano lungo la filiera a causa degli evidenti squilibri di potere contrattuale.
«Una ingiustizia profonda che va combattuta rendendo più equa la catena di distribuzione degli alimenti che vede oggi sottopagati i prodotti agricoli spesso al di sotto dei costi di produzione senza alcun beneficio per i consumatori – ha affermato Prandini -. Per controllare e sanzionare comportamenti sleali serve individuare un organismo di controllo con competenze e mezzi adeguati, nell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentare (ICQRF) funzionale».
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