Stime negative di Banca d’Italia sul Pil per il 2021

Dopo il -9% del 2020, il rimbalzo per il 2021 sarà limitato a +3,5%. Ferrara: «i dati di Bankitalia dimostrano il fallimento del governo BisConte».

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Secondo le “Proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel quadriennio 2020-23”, la Banca d’Italia rivede al rialzo la contrazione del Pil attesa per il 2020, che si attesterà al 9%, per poi però abbassare, anche se di poco, la stima per il 2021 a +3,5%. Nel 2022 il prodotto interno lordo vedrà una crescita del 3,8% e del 2,3% nel 2023. 

Per la Banca d’Italia il Pil si ridurrebbe nel trimestre in corso e rimarrebbe debole all’inizio del 2021, per poi tornare a espandersi a ritmi significativi nella parte centrale del prossimo anno, grazie all’ipotizzato miglioramento del quadro sanitario e all’effetto delle misure di politica economica. L’ipotesi prefigurata da Banca d’Italia sul 2020, che migliora la previsione sulla caduta del Pil di quest’anno rispetto al Bollettino economico di luglio, è legata a uno scenario in cui si riflette l’andamento particolarmente favorevole registrato nel terzo trimestre, mentre nel successivo biennio la ripresa viene spostata in avanti di alcuni mesi. Il più contenuto dato medio annuo del 2021 – annota la Banca d’Italia – risente dell’effetto trascinamento della flessione del prodotto nella parte finale del 2020, mentre la crescita è più rapida dal secondo trimestre in poi e significativamente più forte nel 2022. 

Come spiega la ricerca, lo scenario di base è fortemente dipendente dalle ipotesi sull’evoluzione della pandemia da Covid-19. Minori ripercussioni dei contagi sull’attività nella parte finale del 2020 e all’inizio del 2021 potrebbero tradursi in un ritmo di crescita più elevato nella media dell’anno prossimo. Per contro, indicano da Via Nazionale, come un prolungamento degli effetti sfavorevoli della pandemia a livello globale, se non contrastati efficacemente dalle politiche economiche, potrebbe rappresentare un rischio per le prospettive di crescita se si ripercuotesse sui comportamenti di consumo e investimento, sugli scambi internazionali o sulle condizioni finanziarie. 

A titolo esemplificativo, indica la Banca d’Italia, si riportano gli effetti sulla crescita del Pil nell’ambito di tre ipotesi: la prima che la domanda estera ristagni nel 2021; la seconda gli effetti della pandemia sui comportamenti e le misure di distanziamento sociale si protraggano per un periodo più prolungato, raggiungendo a inizio 2021 un’intensità simile a quella dello scorso aprile e in seguito rientrando con gradualità; la terza che si verifichi un irrigidimento dell’offerta di credito, su un livello prossimo a quanto stimato durante la crisi finanziaria globale. Queste ipotesi avrebbero effetti negativi sul Pil nel 2021 rispettivamente di -1,6, -0,9 e -0,9 punti percentuali (-1,0, -0,7 e -0,7 nel 2022); nel 2023 il miglioramento del quadro sanitario darebbe invece luogo a una crescita più elevata. 

Come si legge ancora nelle proiezioni della Banca d’Italia, «dopo il ritorno a una crescita economica sostenuta nel terzo trimestre, cui hanno contribuito le politiche di sostegno messe in atto dal governo, dall’Unione europea e dall’Eurosistema, il forte aumento dei contagi degli ultimi mesi si sta riflettendo sulle prospettive di breve termine». 

Rispetto allo scenario prefigurato che non comprende le tre ipotesi peggiorative, la Banca d’Italia ipotizza un persistere sugli attuali livelli dell’epidemia nelle prossime settimane, di un suo successivo graduale ritorno sotto controllo nel corso della prima metà del 2021 e di un completo superamento dell’emergenza entro il 2022, grazie anche alla diffusione di soluzioni mediche efficaci. Si assume, spiegano da Via Nazionale, che la domanda estera per i beni prodotti in Italia, caduta di oltre il 10% nel 2020, torni a espandersi in media di circa il 5% all’anno nel prossimo triennio. 

I rendimenti dei titoli di Stato decennali, sulla base del profilo implicito nelle quotazioni dei mercati di metà novembre, sarebbero in media inferiori di circa 70 punti base nel triennio 2020-22 rispetto a quanto ipotizzato in luglio, per effetto dell’ampio accomodamento monetario e della riduzione dei premi per il rischio sovrano. 

«Le stime sul Pil italiano diffuse dalla Banca d’Italia dimostrano, senza possibilità di alcuna smentita, il disastro e il fallimento del governo BisConte. La gestione della pandemia da Covid19, specie per quanto riguarda gli effetti economici, è stata pasticciata e approssimativa, dettata dalla ricerca del consenso e da interessi di partito, mai dall’attenzione alle esigenze del Paese – dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara -. Nei prossimi due anni, il prodotto interno lordo dovrebbe crescere del 3,5% e del 3,8%, dopo esser crollato del 9% nel 2020: con questo andamento della ripresa, il futuro del Paese è buio pesto».

Per Ferrara «i 209 miliardi di euro del “New Generation Uearriveranno in ritardo e saranno mal impiegati. Sarebbe servito un pacchetto di misure coraggiose, oggi e non domani, per assicurare al Paese un po’ di fiducia, incoraggiando le imprese a investire e le famiglie a spendere, l’unico modo per favorire anche l’aumento dell’occupazione che, invece, è destinata a calare progressivamente nei prossimi mesi».

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