Pensioni: cosa succederà dopo “Quota 100”?

La norma cessa di valere alla fine del 2021, riaprendo la strada ad uno “scalone” di ben 5 anni (da 62 a 67 anni) in mancanza di modifiche per potere andare a riposo. Di Mauro Marino, nato a Peschiera del Garda ed esperto di economia

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pensioni sistema previdenziale

Alla fine del 2021 andrà in scadenza la legge sulle pensioni comunemente chiamata “Quota 100istituita durante il Governo Giallo-Verde del Conte I e voluta fortissimamente dalla Lega di Matteo Salvini, come contraltare alla norma del reddito di cittadinanza voluta dal Movimento 5 stelle, norma che sommando almeno 38 anni di contributi ai 62 anni di età dà la possibilità di poter andare in pensione. 

Fino all’anno 2018 (ma in realtà ancora oggi) in Italia era in vigore un’altra legge sulle pensioni, molto dibattuta, contestata e controversa: la legge Fornero. Questa legge, istituita durante il famoso governo dei tecnici presieduto dall’economista Mario Monti era stata votata perché l’Europa, dopo il Governo Berlusconi, con lo spread (differenziale di rendimento dei Titoli di Stato rispetto ai Bund tedeschi) salito addirittura a quota 574, impose allo Stato Italiano un governolacrime e sangue” e tra i vari provvedimenti che si attuarono in quel triste 2011 vi era appunto la legge sulle pensioni ideata dal ministro Elsa Fornero.

Questa legge andò in vigore il 1° gennaio 2012 ed era una legge pesantissima per i lavoratori. Unica al mondo, agganciava la possibilità di andare in pensione all’aspettativa di vita, per cui ogni due anni, in base ai dati ISTAT di aumento dell’aspettativa di vita, venivano allungati i mesi mancanti al pensionamento. Questa legge fu fatta frettolosamente sotto la pressione dell’Europa (e votata tra l’altro praticamente da tutti i partiti), ma proprio perché costruita in un mese appena aveva delle grosse carenze. Una di queste, erano i cosiddettiesodati”: persone cioè che avevano lasciato il posto di lavoro entro il 31 dicembre 2011 con la prospettiva di andare in pensione nel giro di pochi anni in base alle vecchie regole di pensionamento che, a causa delle nuove regole imposte dalla legge Fornero, con l’aumento degli anni di contributi necessari per ottenere la pensione, si ritrovarono in una situazione pazzesca, senza stipendio e senza pensione. 

Tutto questo malcontento fu fatto suo dal governo Giallo-Verde a trazione leghista. Salvini già durante tutta la campagna elettorale lo aveva messo come uno dei punti trainanti: l’abolizione della odiatissima legge Fornero.

Andato al Governo, però le cose non furono così facili. L’Europa mal digeriva l’abolizione della legge Fornero. Si attuò, allora, una legge di compromesso. Fu creata cioè “Quota 100”, mantenendo anche la legge Fornero.

Anche la norma sulla “Quota 100non stavae non stain piedi dal punto di vista dei conti dello Stato, con maggiori oneri per circa 7 miliardi di euro l’anno. Da qui la salomonica decisione di attuarla solamente per il triennio 2019-2020-2021 a titolo sperimentale ben sapendo che non poteva essere strutturale. Fu creata per avere consenso elettorale presupponendo che l’Europa e i Paesi cosiddetti “frugali” in particolare, l’avrebbero osteggiata. Il costo previsto per l’Erario per i tre anni di sperimentazione era di circa 20 miliardi di euro. 

Per fortuna, all’atto pratico però questa legge si è rivelata un mezzo flop: dopo il primo semestre che ha visto la presentazione di circa 3.000 domande al giorno, queste nella seconda parte del 2019 sono scese fino a 500 per arrivare nell’anno corrente a circa 250 domande giornaliere. Dal milione di uscite previste da Salvini, nei tre anni di vigenza probabilmente ne uscirà meno della metà e degli 800.000 nuovi posti di lavoro vaticinati le nuove assunzioni saranno nell’ordine di circa 300.000 unità. 

Una legge sconclusionata, una delle tante venute alla luce durante i governi Conte I & II, fatta solamente per avere consenso, che favoriva di fatto principalmente i dipendenti pubblici e coloro i quali avevano una continuità lavorativa. La buona notizia per l’Erario è che dei 20 miliardi che doveva costare nel triennio ne costerà probabilmente poco più della metà.

Oggi, di “Quota 100”, che nel 2018 era sulle prime pagine dei giornali e quasi ogni giorno nei talk show televisivi, non parla più nessuno e, con il bene placido dell’Europa, poche settimane fa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato ufficialmente che questa legge non sarà rinnovata al termine del suo periodo di sperimentazione.

Cosa succederà dopo, a partire dalle persone che andranno in pensione nel 2022?

Bisognerà assolutamente intervenire perché, in carenza di provvedimenti, nella notte tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 ritorna in tutto il suo furore la legge Fornero, creando di punto in bianco uno scalone addirittura di cinque anni, innalzando l’età per il pensionamento da 62 anni a 67 anni.

Sono già cominciati i tavoli tecnici preparatori tra il governo e le rappresentanze sociali e datoriali volte a creare una nuova legge sulle pensioni da portare poi all’approvazione del Parlamento. 

Già si parla di “quota 102”, chi propone ancora “quota 100” ma con 64 anni di età +36 di contributi, chi parla di 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Sicuramente, si cercherà di attuare una flessibilità intorno ai 63 anni, ma con una penalizzazione nell’ordine del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni. Chi vorrà uscire dal mondo del lavoro potrà sì farlo, ma dovrà rinunciare ad una parte dell’assegno pensionistico fino al 10% del suo ammontare pieno.  

Non sarà assolutamente facile trovare la “quadra” sulle pensioni, anche perché a causa del Covid-19 le risorse finanziarie saranno molto limitate. Ma bisogna a tutti i costi trovare una soluzione, pensando ad una norma che sia organica e duratura nel tempo, in quanto non è possibile che un istituto così importante per la vita dei cittadini sia modificato ogni tre/quattro anni, con la certezza del diritto, e che dia a tutti la possibilità di scegliere e programmare la propria vita conoscendo esattamente “le regole del gioco” in debito anticipo. 

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