Ancora una prova della cattiva capacità di spesa dei fondi Ue da parte dell’Italia e, soprattutto, delle varie regioni coinvolte nella gestione del Fondo agricolo Ue per lo sviluppo rurale (Feasr) che al termine del settennato 2014-2020 rimane ancora ben distante dal completo utilizzo delle risorse disponibili, specie nelle regioni del Centro Sud.
Secondo i dati sull’avanzamento della spesa pubblica nell’attuale settennato elaborati dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), al 30 settembre, l’Italia aveva assorbito il 50,34% del totale delle risorse del Feasr assegnate, ma – secondo la regola N+3 che estende fino al 2023 la scadenza per spendere le risorse del settennato – ci saranno ancora tre anni per smaltirle ed evitare il rischio di perdere quelle non utilizzate. Un lasso di tempo sicuramente ridotto rispetto alla massa di risorse da impegnare e da spendere.
Campione nell’uso del Feasr è l’Alto Adige che ha certificato una spesa del 71,83%, seguito da Veneto (64,07%) e Molise (62,07%). Fanalino di coda le Marche (34,86%), insieme a Puglia (35,03%) e Abruzzo (37,75%).
In dirittura d’arrivo le certificazioni intermedie (il triennio 2015-2017) chieste dalla Commissione Ue: dal documento di Agea risulta che il completamento della spesa da certificare entro il 31 dicembre 2020 abbia toccato il 97,79% a settembre.
Per evitare la mannaia del disimpegno automatico dei fondi Ue non spesi entro i tempi concordati, che andrebbero a beneficio dei territori più virtuosi, resta da spendere il 2,3% in meno di 60 giorni. Una sfida improba per la burocrazia zoppicante di molte regioni italiane. E, soprattutto, un dato inquietante in vista della prossima gestione dei fondi europei per combattere i pesanti effetti economici che sta assestando la pandemia da Coronavirus, dove i fondi Ue saranno assegnati parte in anticipo e parte a consuntivo dei vari progetti presentati e realizzati.
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